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La classe - Hermann Ungar - copertina
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La classe - Hermann Ungar - copertina

Descrizione


"Se ci fosse stato un destino" - riflette Josef Blau, il protagonista di questo romanzo, apparso nel 1927 -, un inevitabile destino predeterminato, del quale si fosse stati vittime, "non si sarebbe potuto fare o dire nient'altro che quello ch'era già deciso, e lo si sarebbe fatto a cuor leggero". Purtroppo, però, esistono sempre molte parole e molti gesti tra cui scegliere, ed essi possono suscitare l'ira del Creatore e, soprattutto, possono finire col segnare in maniera inesorabile il destino di chi ci sta accanto. Per questo motivo, Josef Blau, un un grigio e modesto insegnante di un liceo frequentato dai figli dei cittadini più ricchi, nella scuola di un quartiere agiato della città, opta, o crede di optare, per la non-scelta, per il silenzio e l'immobilità, convinto com'è che nulla che sia in grado di agire possa sfuggire alla colpa. "Incolpevole rimaneva solo ciò ch'era privo di respiro", è detto in un passo del romanzo. Ma proprio questa scelta, che conduce addirittura Josef Blau ad una forzata freddezza nei confronti di Selma, la bella moglie in procinto di dargli un figlio, finisce con l'innescare paradossalmente una serie di tragici avvenimenti, che si dipanano in una torbida atmosfera di candore e masochismo, di gelo e di orrore, e che hanno termine solo con il suo estremo ravvedimento.
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Dettagli

2011
15 dicembre 2011
189 p., Brossura
9788897634041

Valutazioni e recensioni

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Cristiano Cant
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La pazzesca tagliola che dilania i pensieri, l'ambivalenza terribile che spalanca due leggi uguali e contrarie: se si parla si sbaglia, se ti tace si sbaglia. Come uscirne? Dilemma niente affatto semplice. Che certezza abbiamo che ogni sillaba arrivi all'altro nella perfetta scansione sensibile con cui la decliniamo? Quanto è alto il timore che non si capisca appieno ogni parola spesa? In questa difficile foschia, una specie di paralisi interiore, vive il protagonista del romanzo, che a tal punto non sa districarsi in questa nodosa matassa che finisce per obbedire solo alle leggi primarie, parlando e muovendosi sotto il cono dei doveri più spiccioli; dunque il lavoro rispettato nei suoi bravi perimetri, la famiglia ossequiata per quel che serve, e ogni cosa che lo stringe e lo incontra obbedita nell'ovvio, nella sua vuota meccanica, fino alla fine. Perchè accade questo? Perchè una nevrosi senza ritorno lo avvinghia, una fragilità che non può fronteggiare se non soffrendola in un silenzio tremendo. Se scopre qualcosa di brutto ha paura di esserne travolto, e allora ne macina ogni grano dentro, stando peggio: Se invece mezzo spiraglio lieto si affaccia, salgono ondate di sospetto. Un destino di cui non può che convincersi in mezzo all'umanità in cui egli si aggira: "Non sono più colpevole di altri, ma sono stato scelto per riconoscere la mia colpa". Che cos'è l'ordine? Una calma distesa di giorni tutto sommato inodori nei quali adagiarsi senza i cattivi suoni dell'imprevisto o la possibilità di dare carne e spirito a una pedagogia (egli insegna) che può dare bellezza e ricordo? Finirà per travolgerlo tutta una serie di eventi, circostanze e situazioni dove davvero non sarà agevole trovare un filo, e a quel punto occorrerà scegliere. La legge del male minore? Asciugare al minimo ogni mossa, senza forzare o offrire più di quanto serva? Ennesima paranoia in un alone di minaccia mai lontano. Un immobilismo dell'anima, rassicurante quanto figlio della tragedia.

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Voce della critica

  Un liceo mitteleuropeo degli anni venti frequentato da adolescenti di famiglie benestanti, un insegnante di modesta estrazione in preda al senso di inferiorità, tenace cultore dell'ordine come strenua difesa dalle eventuali intemperanze degli allievi. È questo lo scenario del romanzo La classe (1927), opera dello scrittore ebreo moravo di lingua tedesca Hermann Ungar (1893-1929), ora disponibile nella nuova, bella traduzione di Franco Stelzer. Quella tratteggiata da Ungar è al contempo una sottile fenomenologia della paranoia di un insegnante e un'acuta rappresentazione della fragilità adolescenziale. Con questi temi La classe prosegue quella tendenza letteraria del primo Novecento incentrata sulle istituzioni scolastiche, si pensi ad esempio, pur con i dovuti distinguo, a opere come il Torless di Musil e lo Jakob von Gunten di Robert Walser, il Professore Immondizia di Heinrich Mann e Sotto la ruota di Hesse. Ossessionato dalla colpa dell'"irrevocabile", che sente in agguato dietro ogni suo gesto, Josef Blau, il protagonista di Ungar, ha ancorato la propria esistenza alla ferrea convinzione del dover dire e fare solo le cose previste, imprigionando nel gelo affettivo anche la bella moglie Selma, da cui aspetta un figlio, sospettata, in un crescendo maniacale, di tradimento. Neanche l'ostinata rigidità, ammonisce però Ungar, può preservare dall'assunzione di responsabilità, tanto più se il contesto è quello delicato del mondo pedagogico. Nel precipitare degli eventi, tra cambiali, possibili ricatti e bordelli, Blau è infatti travolto dal suicidio di un allievo e, complice il livoroso servitore Modlizki, rischia di cadere nell'abisso dell'ottenebramento. Solo l'atto estremo di guardare alla realtà e di confrontarsi con i propri fantasmi lo porterà ad accettare l'impegno del suo ruolo. Il testo di Ungar si addentra dunque nei meandri dell'animo umano, laddove amore e masochismo, ingenuità e perfidia si intrecciano e si compenetrano. Daniela Nelva

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