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Anno edizione: 2022
Anno edizione: 2005
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Adelio Ferrero abilmente traccia in questo testo uno degli aspetti più emblematici e più studiati della figura di Pier Paolo Pasolini. Il testo offre diverse chiavi di lettura su tutta la produzione cinematografica di Pasolini, con un focus particolare riguardo alle tre fasi del cinema pasolinano. Adelio Ferrero non solo si concentra su quella che è la produzione cinematografica, legata in modo forte a quella letteraria, molto importante per capire Pasolini autore di cinema, ma compie anche un'opera di rilettura delle varie fasi storiche in cui Pasolini si inserisce, la prima fase il cinema degli anni '50, la seconda fase quella della crisi con opera cinematrografiche tra il '60 e il 70, e l'ultima fase del cinema che poi si chiuderà con la morte dell'autore. Tanti temi trattati, ma il fil rouge rimane la denuncia pasoliniana contro le ingiustizie sociali, e contro il mondo piccolo-borghese. Il cuore del testo a mio parere, chiave per comprendere tutto, è il capitolo riguardante i suoi primi film, e alcuni paragrafi riguardanti il cinema come poesia. Come l'archetipo del romanzo moderno, che è il viaggio, anche questo testo è un viaggio un Italia passata, ma alle volte ancora oggi presente.
Questo saggio, mostrando come e perché Pasolini dovesse, a un certo punto nodale del suo lavoro, incontrare sulla propria strada il cinema, ripropone organicamente l'esperienza cinematografica dello scrittore all'interno della sua vicenda culturale e poetica, senza offuscarne la specificità storica (dall'esordio in sintonia con le aspirazioni del "nuovo cinema", di cui Pasolini sarebbe diventato una figura emblematica, alla crisi della nozione di "cinema d'autore") e le concrete determinazioni di stile. Il "cinema di poesia", praticato e poi teorizzato da Pasolini, diventa il luogo privilegiato in cui il sotto-proletario (dalle fatiscenti borgate romane, ai villaggi della "nuova preistoria", alle favolose contrade dei "popoli perduti") riacquista e comunica, attraverso l'evidenza e la durata poetica dell'immagine, quella forza di attrazione che ha perduto nella realtà e stà perdendo nella pagina letteraria. La duplicità di questa operazione, carica di implicazioni regressive e di una disperata tensione anti-borghese, intensa e divisa nell'evocazione e nel rimpianto come nella coscienza della fine di una stagione politico-culturale e dei suoi miti, viene ripercorsa e discussa, attraverso un'analisi intesa soprattutto a ritrovare, nel linguaggio dell'autore, la "verità" della sua posizione ideologica e poetica.
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