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I cicli di Schubert sono anche viaggi: una lunga trasferta invernale ("Winterreise"), una camminata seguendo il corso del ruscello ("Die schöne Müllerin"), un volo di ricognizione sul futuro di musica e letteratura ("Schwanengesang"). Spesso, dunque, sono stati descritti in termini epici (avventure dello spirito, della psiche, dei sensi), con sfoggio di linguaggio filosofico psicanalitico e analitico: talvolta non sappiamo se stiamo leggendo un saggio di critica letteraria o una cartella clinica (di chi scrive, però). Per Gerald Moore, questi grandi capolavori furono invece reale occasione di viaggi e cicli di sedute: tournée mondiali, sessioni di registrazione (a 78 e 33 giri). Qui abbiamo il diario di quelle imprese e una preziosa guida per chiunque voglia seguirne le tracce e i tracks. Magari il linguaggio non sarà affascinante e introspettivo, ma di certo il punto di vista (la tastiera di un pianoforte, non quella di un computer iperconnesso) è più prossimo a quello originale di Schubert, che fu un tour-leader del Lied, non un filosofo esistenzialista. Nessuno meglio di Moore, il re degli accompagnatori, può condurci per mano in quel mondo musico-verbale fatto di dettagli semplici ma continui, spesso pianistici mai autoreferenziali, la cui identificazione è frutto di un'assidua frequentazione della terra di confine tra poesia e musica in compagnia dei più grandi interpreti del Lied. Queste carte di un pianista itinerante, con la loro dovizia di esempi musicali, citazioni e traduzioni poetiche, si rivelano ugualmente illuminanti per lo studente, l'interprete professionale, il frequentatore di concerti, il fan di Schubert e del Lied tedesco. E, alla fine, anche chi predilige le letture metafisiche sarà soddisfatto, perché Gerald Moore fu un interprete trascendentale.
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