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Il romanzo d'esordio di Manuela Ormea è suddiviso in tre parti che corrispondono a tre luoghi geografici: le valli di Lanzo, in particolare la località Passo della Croce, l'India e la Liguria. Il tempo è quello intorno agli anni Novanta con qualche flash for sul 2002. Il tema: cinque amiche si incontrano al Passo, in una stupenda casa affacciata sulla valle, ciascuna con il proprio bagaglio di esperienze acquisite negli anni. Tiene il filo l'io narrante, Maria, poco più che quarantenne. Si discute di figli, di amori, di scuola, essendo la più parte delle convenute insegnanti. Fuggevoli le presenze maschili: Mauro, che compare rapidamente nel primo capitolo; il marito che si affaccia nell'ultimo; il giovane aspirante-amante di Monica; infine Lorenzo, il ragazzo cui sono affidati, nella parte finale, il ruolo di critico della società dei consumi e della globalizzazione, e il messaggio di cambiare il mondo. Compito necessario, per il quale ci vorrà del tempo.Libro composito, sia nella struttura che nella scelta dei generi letterari: la narrativa si alterna al carteggio, il diario a versi e a documenti. ( Mi è venuto in mente, anche se la contestualizzazione è decisamente altra, di Rosetta Loy "La parola ebreo", dove la memoria narrata di sè bambina si intreccia con brani tratti dalle leggi razziali fascista). Il collante di questa mescidazione è costituito dal filo della memoria, che lega passato e presente affacciandosi sull'utopia del futuro. Da rilevare, ancora, gli inserti in corsivo, domande che pongono il problema della relazione, dell'amicizia, del rapporto con altre culture ma anche con i diversi. L'amicizia, si diceva. Gli antichi ritenevano che una vita umana non potesse fare a meno degli amici. Si ha bisogno degli amici nella sfortuna, ma gli antichi, al contrario, pensavano che non esistesse felicità per un essere umano se un amico non la condivide. E c'è anche una rilevanza politica dell'amicizia: è dal dialogo che si edifica la polis, si costruisce il proprio sè e la propria identità.
Manuela Ormea, lo si intuisce dalla sua scrittura, ha una interessante e bella personalità.Mi stupisce ed ammiro molto, anche per questo, la sua disponibilità a porsi fuori campo, la capacità di fare silenzio e ombra su di sè per entrare con attenzione, partecipazione e sensibilità nei momenti di vita altrui.Ha il dono di essere presente ma discreta come una madre terra che sostenga e dia vita ai personaggi senza forzarli o giudicarli.La sua è una scrittura senza incertezze , elegante ma lieve, armoniosa ma ricca di sorprese. Le parole scorrono in perfetta armonia e all'improvviso guizzano in espressioni ironiche o profondamente emozionanti senza alterare lo scorrere piacevolissimo della lettura.E'facile credere a quello che Manuela racconta, percepirlo da dentro, partecipare a storie di donne ma anche di uomini che sa renderci vicini, decifrabili, amici.Credo che amicizia sia per Manuela Ormea una parola molto importante.Certamente riesce a renderla tale nel cuore di chi legge.E alla fine della lettura si scopre che anche Lei ci rimane nell'anima come i suoi personaggi per quello sguardo onesto e chiaro, per la capacità di avvicinare qualcosa di estraneo al nostro sguardo e insegnarci a scoprire che è parte di noi.Per questo bellissimo viaggio di comprensione e rispetto che è "Ci vorrà del tempo".
Un journal intime abitato da voci diverse, ma con un tema che le accomuna :la ricerca di un senso.Felici, tra le altre, le pagine di riflessione delle cinque donne, Claudia, Cristiana, Maria, Monica, Raffaella, una nuova forma di autocoscienza, empatica e dolente.Di Paul Klee, scelto per l'illustrazione di copertina, il libro sembra condividere l'obiettivo di "dare ordine al movimento"; ed in questo felice ossimoro risiedono le ragioni del suo imprendibile fascino.Attendiamo una nuova prova dell'Autrice, che speriamo prossima.
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