L'iter redazionale della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino avviato dall'Assemblea nazionale francese nel luglio 1789 si arena temporaneamente sul richiamo alla divinità da inserirsi nel prologo. Al termine della discussione, la religione e la sua organizzazione ecclesiastica vengono "retrocesse" all'articolo 10, come fattispecie della più generale proclamazione della libertà di manifestazione del pensiero. Menozzi muove da qui, evidenziando i momenti salienti della reazione della chiesa cattolica alla questione dei diritti umani. Due sono le direttrici principali lungo le quali si avvia l'indagine: la posizione del papato e quella di alcuni ambienti della cultura cattolica. Già un anno dopo la promulgazione di quella carta, Pio VI non tarda a condannare l'impianto del documento e in particolare l'articolo 10. Da questo momento, e sino praticamente a oggi, la preoccupazione delle gerarchie sarà quello di argomentare teologicamente tale rifiuto. Il Sillabo di Pio IX costituisce il prologo della formulazione della legge naturale da parte di Leone XIII. Per Menozzi questo rappresenta il rientro della chiesa cattolica sulla scena contemporanea: è la "via cattolica" alla soluzione dei problemi del mondo. E in questa scia si colloca anche la Rerum novarum, documento che certamente riconosce i diritti "moderni" delle classi subalterne, ma che oblitera l'origine storica di questi diritti facendo appello solo alla legge del Vangelo, fonte unica della legge naturale voluta da Dio. All'inizio del Novecento risalgono poi i primi dibattiti in ambito laico sui diritti umani, ma la linea della chiesa non cambia. Come si legge nel codice di diritto canonico del 1917, l'essere umano è costituito persona, vale a dire titolare di diritti e doveri, esclusivamente in virtù del battesimo (can. 87). I diritti umani sono talmente controversi da non essere mai menzionati nella crescente insofferenza di papa Pacelli verso il razzismo nazista e per un suo accenno alla questione bisogna attendere la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. La posizione, tuttavia, non muta rispetto alla tradizione. Su questo sfondo si collocano i noti dibattiti in Costituente fra La Pira e Dossetti, ricordati dall'autore, e il tentativo, presto naufragato, di rispondere al documento delle Nazioni Unite con una carta cattolica dei diritti umani. È solo nella Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963) la prima accettazione dei principi della Dichiarazione dell'Onu, ma da questo momento l'atteggiamento delle gerarchie vaticane sarà ondivago. Di fronte a una crescente sensibilità da parte di molte organizzazioni ecclesiali, il primato della legge naturale non è scalfito e tutto a essa è ricondotto, anche, come dimostra Menozzi, negli anni di pontificato di Paolo VI e dei suoi successori. In fin dei conti, l'assunto che risulta inaccettabile per la chiesa cattolica è l'affermazione del principio di autodeterminazione dell'individuo che sta alla base dei documenti dell'89 e del '48, la sola rivendicazione che svuota di ogni valore il principio della legge naturale. La lettura di questo libro risulta pertanto estremamente utile per comprendere anche i dibattiti attualissimi su fecondazione assistita, fine vita e diritti gay. Roberto Alciati
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