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Librino etereo, al limite dell'inconsistenza, ma con alcuni momenti assai godibili. Non sembra scritto da uno svizzero. Il rapporto di amore/odio (o di attrazione/repulsione) tra i due fratelli è molto interessante.
Un libro strano, turbante, come sospeso in una polverosa provincia, lascia addosso una sensazione strana, come quando qualcuno è partito e non vuoi capacitartene, non ci riesci, ti alita ancora presenza addosso.
Recensioni
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Se quest'ultimo libro dello svizzero Jörg Steiner (del quale Casagrande ha già pubblicato nel 2000 Il collega) ha il dono della leggerezza calviniana, come si legge nel risvolto di copertina, esso è anche un elogio della lentezza, quella che richiede a un non frettoloso lettore, disposto a lasciarsi prendere da un tranquillo periodare con il quale si segue l'ellittica ricostruzione che Niklaus fa della vita del fratello maggiore, Goody Eisinger. Sorta di filosofo spontaneo, come "dicono in città", Goody, custode in un museo della preistoria, è fuggito con un'americana, lasciando solo Niklaus che, insediatosi nella sua casa, ascoltando Šostakovič recupera lacerti di vita del fratello odiato e amato. La frammentarietà della ricostruzione, la lievità del tono sono in fondo in linea con la "filosofia" di Eisinger, per il quale non esiste una verità unica definitivamente posseduta. Se così fosse, e se essa pure non si trasformasse continuamente come tutto ciò che è vivo, se non "fermentasse" come il sidro dolce che diventa secco e più salutare, sarebbe semplicemente "morta". Per presentare Goody, il fratello esordisce così: "Tutto ciò che racconta lo racconta a tutti, e se a uno racconta qualcosa di diverso, dopo racconta a tutti che una volta ha raccontato a uno qualcosa di diverso, ma che anche quello era vero. Non si allontana dalla verità". Se allora "la precarietà si nasconde nella consuetudine", vale a dire nelle cose minime che occupano le nostre giornate, e se Goody con la sua filosofia si espone fragilmente alla vita stessa, Niklaus se ne fa protettore, lui sì davvero "custode", e, in absentia dell'altro, non può che affidare questa tutela al potere (illusoriamente) reificante delle parole, o, più modestamente, limitarsi "a scrivere il dilemma di Eisinger: colpa e innocenza, rifiuto, fuga, carenza e abbondanza, quasi tutto sull'amore".
Enzo Rega
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