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Un tipo balzano, che avrebbe tutto per riuscirci antipatico: figlio di un riccone e di una nobildonna, tennista di livello, questo Gerbault non ha mai lavorato in vita sua. Eppure… Ha combattuto nella Grande Guerra ottenendo qualche medaglia, è un po’ solitario, ama la letteratura e soprattutto il mare; vuole conquistare un record sportivo, ma si tratta di un’impresa di mare che, sia pure avvalendosi della tecnologia dell’epoca (in effetti il suo Firecrest non si rovescerà nemmeno durante giorni interi e consecutivi di uragano) ha ancora qualcosa di antico e di epico: attraversare in solitaria l’Atlantico a vela, senza scalo né, manco a dirlo, GPS, telefono o radio. Gerbault è un buon velista, ma non ha mai affrontato l’Oceano né vuole scialuppe di salvataggio, accettando il rischio di un naufragio mortale; e subisce la frode di un fornitore, no, non italiano ma spagnolo, che lo priverà di cibo e lo ridurrà alla fame durante l'impresa. Durante la traversata finirà fuori bordo, subirà incidenti, ricucirà più volte le sue fragili vele (altro acquisto sbagliato) esponendosi alle ondate e aiutandosi con mani e piedi; più volte andrà a dormire qualche ora sotto coperta mentre sul ponte infuria la tempesta. Ma non cederà mai alla disperazione. In questo incarna il migliore spirito sportivo, quello che fa affrontare a viso aperto, con fiducia ma anche senza presunzione un avversario evidentemente più forte, tipo il Dopolavoro Ferroviario Toritto catapultato in finale con il Portogallo di Ronaldo. Solo che in genere Ronaldo non uccide l’avversario sconfitto. Presto Gerbault si trasferirà in Polinesia, scriverà e agirà da anti-colonialista e terzomondista ante litteram, guadagnandosi l’odio di sfruttatori connazionali ed europei. Tanto per capire la stoffa dello scrittore e dell’uomo.
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