Compositore fiammingo.
Le vicende biografiche. Secondo le testimonianze del tempo, fu fanciullo cantore nella chiesa di S. Nicola a Mons. Nel 1544 fu assunto al servizio di Ferdinando Gonzaga, viceré di Carlo v in Sicilia, con il quale viaggiò in Francia e in Italia. Dal 1549 al '52 fu a Napoli, al servizio del marchese G.B. d'Azzia della Terra, quindi si recò a Roma, dove, dal 1553 al '54, fu maestro di cappella in S. Giovanni in Laterano e dove poté incontrare Palestrina, allora attivo alla cappella Giulia. Al suo ritorno in Fiandra, dove trovò i genitori morti, trascorse gli anni 1555-56 ad Anversa, partecipando intensamente alla vita musicale della città e pubblicando le sue prime raccolte di madrigali e di mottetti. Nell'autunno del 1556 entrò al servizio del duca Alberto v di Monaco in qualità di tenore, e fra il 1560 e il '64 divenne maestro della cappella di corte. In questo periodo compose la serie dei sette Psalmi poenitentiales, destinata a diventare una delle sue opere più famose. Nel 1558 aveva intanto sposato Regina Wäckinger, figlia di una dama della corte bavarese. In veste di maestro di cappella viaggiò ancora molto, talvolta al seguito del duca, nei Paesi Bassi, in Germania, in Boemia e soprattutto in Italia (dove fu nel 1567 e '74) per assumere cantori e musici. Ben presto si guadagnò una notorietà a livello europeo. Le sue opere furono pubblicate in Fiandra, Francia, Germania e Italia (già nel 1556 il Gardano aveva pubblicato a Venezia, il suo Libro di madrigali a cinque voci). Nel 1570 fu insignito di titolo onorifico dall'imperatore Massimiliano ii e nel 1574 ricevette il titolo di cavaliere dello Speron d'oro dal papa Gregorio xiii (al quale aveva dedicato il secondo volume del Patrocinium Musices). Declinò le offerte della corte francese e di quella di Dresda per restare fino alla morte al servizio della corte bavarese, dove i duchi Alberto e Guglielmo lo ebbero in grande considerazione e amicizia. Nei suoi ultimi anni fu di salute cagionevole, e nel servizio di cappella fu assistito dai figli Ferdinand, Rudolf ed Ernst. Fu sepolto nel cimitero francescano di Monaco.
L'opera. O. di L. è uno dei più grandi maestri della polifonia cinquecentesca, e il più versatile. La sua vasta produzione comprende 58 messe da quattro a otto voci, 546 mottetti (alcuni anche profani) da due a dodici voci, 101 magnificat da quattro a sei voci, 10 falsi-bordoni a cinque voci, 32 inni da quattro a cinque voci, 9 Lamentationes Hieremiae a quattro voci, 5 Lectiones a quattro voci, 14 litanie da quattro a dieci voci, 12 Nunc dimittis da quattro a sette voci, 8 officia a cinque voci, 4 passioni da quattro a cinque voci, 29 responsori da due a cinque voci, 187 madrigali italiani (anche spirituali, come la serie intitolata Lacrime di S. Pietro, su testo di L. Tansillo, pubblicata postuma nel 1600) da cinque a dieci voci, 33 villanesche da tre a otto voci, pure su testo italiano anche dialettale, 93 canzoni tedesche (Lieder spirituali e profani) e 146 francesi (chansons) da tre a otto voci. Pienamente compreso dello spirito umanistico, come si vede dalle scelte dei testi poetici (Petrarca in primo luogo, e poi Ariosto, Bembo, Sannazaro, Tansillo e altri) e dal modo come li interpretò musicalmente, O. di L. seppe rendere con pari abilità il pathos del mottetto latino e la frivolezza della chanson francese. Benché la musica italiana abbia fortemente influenzato lo sviluppo del suo stile, molto della sua opera ricorda i compositori fiamminghi precedenti. Abile quanto Palestrina nella scrittura contrappuntistica, egli preferisce spesso procedere a blocchi armonici, mostrando un'attitudine meno spiccata per le linee melodiche espressive e l'inclinazione verso una monumentalità più esteriore, talché il confronto fra O. di L. e il maestro romano presenta analogie con quello fra Händel e Bach. D'altro canto, in O. di L. il senso del ritmo è più accentuato che in Palestrina, e ciò contribuisce ad animare la sua musica anche quando, come spesso accade, l'armonia è semplice. Nel campo dell'armonia, infatti, egli si rivela piuttosto un conservatore, benché non esiti a ricorrere al cromatismo quando particolari effetti espressivi lo richiedono, come nei mottetti delle Prophetiae Sybillarum, pubblicate postume nel 1600. Un carattere del suo stile, ereditato dai predecessori fiamminghi, risiede infine nel contrasto che spesso si genera fra distinti agglomerati di suoni intonati dalle voci superiori e dalle inferiori.