Compositore e violinista. Trasferitosi a Torino nel 1766, vi studiò dal 1770 con G. Pugnani. Dal 1775 al 1783 fu membro dell'orchestra sabauda, compiendo nel frattempo una lunga e fortunata tournée con il suo maestro Pugnani in Svizzera, Germania, Polonia, Russia e trionfando infine a Parigi al Concert Spirituel (1782). Abbandonato il concertismo per dedicarsi alla composizione e all'organizzazione artistica, nel 1789 aprì a Parigi il Théâtre de Monsieur, finché, in seguito alla rivoluzione francese, fu costretto a trasferirsi a Londra (1793), che dovette peraltro lasciare nel 1798 (rifugiandosi per un anno a Schönfeld, presso Amburgo), non essendo ben chiare le sue tendenze politiche. Aveva intanto ripreso l'attività virtuosistica, divenendo anche direttore artistico per le opere italiane al King's Theatre. Dopo diversi spostamenti tra Parigi (impresario al Théâtre Italien) e Londra (dove fallì miseramente in un commercio di vini già avviato in precedenza), morì, ormai povero, in questa città. V. è l'ultimo e il più significativo esponente della scuola violinistica piemontese. Esecutore impareggiabile (per la bellezza e purezza del suono, l'elasticità dell'arco, la nobiltà dello stile), fu anche un grande insegnante: attraverso i suoi allievi J. Rode, F.W. Pixis ecc. influenzò la scuola francese e, indirettamente, quella tedesca e ungherese. Compositore fecondo e precoce (componeva già a quattordici anni), lasciò una produzione quasi esclusivamente strumentale (più una decina di brani vocali non determinanti per la sua fama). Un elenco sommario delle sue opere annovera 29 concerti per violino (il più famoso è il diciottesimo in la minore), 2 per pianoforte, 2 sinfonie concertanti per due violini e un doppio concerto per pianoforte e violino; 19 quartetti, 15 trii per due violini e basso, 42 duetti per due violini, 12 sonate per violino e basso continuo o pianoforte, 6 serenate per due violini, 3 notturni per violino e pianoforte ecc. A parte le inevitabili adesioni ai moduli scolastici, si nota nella produzione di V. una forte vena preromantica, l'abbandono al senso melodico, il gusto per un'organizzazione musicale che fa del contrappunto non un meccanismo freddo, ma un elemento di colloquio e di meditazione, pur nella proliferazione di passaggi tecnici e virtuosistici.