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Anno edizione: 2013
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Una disquisizione tra due intellettuali-filosofi che da posizioni contrapposte si confrontano con i temi cardini della filosofia e del pensiero umano: l'esistenza di Dio, il senso dell'uomo, l'immortalità dell'anima, il libero arbitrio, il rapporto fede-scienza. Ne esce un libro che pur avendo solide basi filosofiche (spazia tra Kant, Spinoza, Hegel, Occam, Cartesio e molti altri) non è mai pesante e sicuramente non può lasciare indifferente il lettore. Dio è archè e telos, principio e fine, sia della realtà fisica che di quella metafisica? L'homo sapiens è il frutto di mutamenti che a partire dal Big bang avrebbero potuto prendere un numero infinito di traiettorie diverse: la sua comparsa è pertanto da considerarsi l'effetto di contingenze che esclude ogni telos, o la nostra esistenza ne è la conferma? Il bisogno di Dio esiste nell'interiorità dell'uomo: questo bisogno è collegato ed ispirato da una realtà che lo soddisfa o può essere generato senza che questa realtà sussista? La dimensione etica e la religiosità, peculiarità umane, emergono da Dio e verso di lui tendono, oppure sono estranee ad esso? Sono legate ad un fine ultimo, o sono generate dalla razionalità con un fine meramente consolatorio e difensivo nei confronti della sofferenza? Il cervello nasce con l'uomo e con esso muore, è pura materia che funziona unicamente tramite processi chimico-elettrici: perché allora nell'uomo si genera la propensione per la bellezza, l'amore, la giustizia, la verità, la politica e le altre dimensioni non quantificabili con un metro esclusivamente concreto e scientifico? Premi Nobel e scienziati arrivano a conclusioni opposte: Weimberg vede l'esistenza un puro caso, poinless, senza senso, l'origine del cosmo poteva avvenire come non avvenire; De Duve vede nella materia polvere vitale, vital dust, propensione alla vita. "Credo quia absurdum"diceva Tertulliano, Einstein ammoniva "La scienza senza religione è zoppa, la religione senza scienza è cieca"...
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