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Per l'ennesima volta ci sono cascato: mi sono lasciato abbindolare come uno scemo dall'immagine di copertina. E dal sottotitolo che prometteva "un grande thriller". E invece mi sono trovato a leggere una storia dalla trama deboluccia, dialoghi che sembrano uno la ripetizione dell'altro, un lessico povero, una terminologia scadente e ripetitiva anch'essa (forse anche colpa della traduzione?). Un esempio? "Inarcare le sopracciglia". Sembra che tutti a Dalen, la cittadina in cui è ambientata la vicenda, non conoscano altro modo di esprimere con la mimica il disappunto, il dolore, la sorpresa, se non appunto "inarcando le sopracciglia". L'espressione si trova più o meno al ritmo di una volta ogni due pagine. Inoltre sembra che l'autore ad un certo punto non sappia nemmeno più lui dove andare a parare: psico-thriller? Paranormale? Dramma? Così la storia si stiracchia, si dilunga e la lettura, seppur agile, diventa noiosa, snervante. Non si arriva insomma a nulla. Non ci sono colpi di scena, svolte, tutto è stracco e sfilacciato. Carlsson prova ad infilarci qua e là del sesso, giusto per risollevare l'andamento del libro, ma sono solo passaggi fastidiosi perché crudi e gratuiti, che nulla aggiungono alla storia. Molti punti rimangono lì in sospeso, e si ha l'impressione di essere stati presi in giro: chi caspita era insomma Kasper, questo misterioso bambino? Si giunge alla fine del libro con un senso di frustrazione e la sensazione di aver buttato i soldi ancora una volta. Aridatece Faletti.
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