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Dopo aver letto tempo fa Le due ragazze con gli occhi verdi di Giorgio Montefoschi, ho avuto l'idea di leggere anche La casa del padre, dello stesso autore, romanzo che nel 1994 vinse il prestigioso Premio Strega. Grande stupore: i due romanzi sono uguali, o quasi. Stessa ambientazione, stesse strade: via Adelaide Ristori che ricorre in tutti e due libri, nella Casa del padre addirittura ossessivamente. Ma ciò che ho trovato stupefacente (e per la prima metà anche irritante) è che nel romanzo premiato col massimo riconoscimento letterario (lo Sterga , appunto) non accada nulla! Vita borghese di una famiglia benestante. I giorni scorrono uguali nella loro monotonia. Fa da corollario e trait d'union a tale noia il cibo portato in tavola: prosciutto cotto (spesso), insalata di riso, pomodori. E, ancora , riso in brodo, biscotti Saiwa, uova. Punto di non ritorno sono i lutti, con la dipartita dei capifamiglia, uomini e donne. Dunque il ritorno alla quotidianità dei figli, con amori noiosi e vissuti senza descrizioni sessuali. Altra comunanza tra i due romanzi: le vacanze nella casa al mare, poco distante da Roma. Nella seconda parte, avviene invece il miracolo: ci si affeziona , non ai personaggi, ma al racconto, alla sua sottile malinconia, alla descrizione dell'estate. C'è nel finale un bel rapporto padre-figlio. E ritorna come un incubo via Adelaide Ristori. Altra ossessione di Montefoschi. il bar Hungaria. Cosicchè, tra citazioni letterarie di Thomas Hardy o Moby Dick, si finisce per apprezzare questo tipo di narrativa "fuori moda" e si desidera approcciare nuovi libri di Montefoschi. Il cantore della borghesia decadente, dei pranzi modesti, delle vacanze come allungamento della noia esistenziale.
Per capire come è scritto questo libro basta leggere quanto, a pagina 240, dice uno dei protagonisti (Mario Bellelli): "Io - come il lettore ha capito - consideravo, di quell'estate, di quei due mesi di luglio e agosto, ogni minimo fatto." Ecco: questo romanzo parla dei fatti minimi che succedono alla famiglia Bellelli (ma poi ci sono anche fatti che proprio minimi non sono, come la morte di alcuni personaggi). La lettura non sempre è agevole: a tratti può considerarsi noiosa e, poi, nei dialoghi non sempre si riesce a capire chi dice cosa. Leggendo ho, poi, trovato anche un paio di errori di grammaticca: a pagina 207 la parola "pneumatici" è preceduta dall'articolo "i" invece che dall'articolo "gli"; a pagina 256, poi, "un'altro" scritto, erroneamente, con l'apostrofo. A parte tutto questo è un libro godibile, che, all'epoca della sua prima uscita, vinse anche il Premio Strega.
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