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Un esile carteggio, sviluppatosi fra il 1937 e il 1950: in tutto una quarantina di lettere, una vera sorpresa agli occhi di chi, per stereotipato automatismo, ritiene incolmabile la distanza fra l'idealismo di Croce e l'illuminismo di Venturi. Una boccata d'ossigeno anche per il lettore comune. Ha ragione Silvia Berti, nell'introduzione, a ricordarci che le corrispondenze novecentesche spesso ci fanno sentire a disagio. Sembra quasi di "violare ambiti e rapporti, che i protagonisti non hanno coscientemente inteso rivelare". Eppure il carteggio è uno straordinario esempio del ruolo che Croce ebbe sulla gioventù negli anni trenta. Il confino fascista costringeva il recluso Venturi a ridurre ogni messaggio con l'esterno a 24 righe (ma quante cose nuove su Vico si possono dire in meno di 24 righe), vietava ogni relazione culturale con il mondo esterno, ma nei viaggi verso le aule dei tribunali poteva lasciare un'ora di libertà vigilata per entrare in una libreria di una città del Sud, dove poteva capitare di trovare non un libro qualsiasi per ammazzare il tempo, ma "il" libro che avrebbe poi determinato una svolta nelle ricerche di uno dei nostri massimi storici. Libri, libri, libri. È l'efficace titolo di una sezione la più emozionante _ del saggio introduttivo di Silvia Berti.
Con i suoi libri, ma anche con la sua qualità umana eccezionale, con quella sua inconfondibile prosa bonaria, capace di tener desto l'amore allo studio anche sotto il giogo di una dittatura, nessuno meglio di Croce sapeva cogliere il talento di giovani come Venturi, tenendoli per mano fino al punto di integrare le note a piè di pagina sulle bozze di stampa dei loro libri fatti stampare da Laterza (un bel problema per i filologi!). Nessuno più di Croce sapeva dimostrare di essere privo di ogni boria dei dotti, come là dove si lascia persuadere dell'erroneità di una sua ipotesi di discendenza di Boulanger da Vico.
Una parte non piccola di questo carteggio da inserire in un futuro manuale di bibliofilia, una storia che sarebbe piaciuta ad Alberto Vigevani riguarda l'antifascismo dei libri e il modo avventuroso in virtù del quale, per merito di Croce, Venturi entrò in contatto con il mitico antiquario romano, il libraio Antonio Pescarzoli, il quale riuscì, in modo che non si potrebbe immaginare più rocambolesco, a rifornire il confinato del necessario per continuare a studiare. A Venturi, confinato ad Avagliano, giungono in prestito due libri provenienti dalla biblioteca di Croce. Prova più alta di amicizia non si potrebbe immaginare, come sa bene chiunque abbia confidenza con la vita del filosofo napoletano e ricordi il suo orrore per ogni forma di prestito bibliotecario.
Il carteggio rivela infine una quotidianità che oggi potrebbe sembrare surreale, se si pensa che nell'autunno del 1943 Lionello Venturi, padre di Franco, dall'America dove era giunto sano e salvo doveva ricorrere a Croce scrivendogli in inglese ("Where is he now? I'm so distressed to know nothing about him") per avere notizia di un figlio, che nonostante tutto, proprio grazie a Croce, poteva continuare a scrivere e a studiare. Alberto Cavaglion
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