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(...) Come spesso avviene in questo genere di lavori le lettere funzionano come un passe-partout che ci aiuta a entrare nella vita quotidiana degli uomini, per osservarli nella loro dimensione privata e nel loro agire come uomini pubblici. Da questo punto di vista il libro non tradisce le aspettative, anche se la parte più consistente delle missive è caratterizzata da un tono poco confidenziale essendo per lo più legata alla collaborazione a “Rivoluzione Liberale” e all’attività della casa editrice di Gobetti. Tuttavia il pregio maggiore di questa raccolta è senz’altro quello di fornire una serie d’indizi per la “ricostruzione dei mondi” in cui si muovono gli interlocutori chiamati in causa dal giovane intellettuale torinese in quegli anni caratterizzati dalla sua prodigiosa attività in campo culturale e giornalistico. Il 1923 appare, in effetti, un punto di svolta che delinea una trama di rapporti con ambienti diversi della cultura italiana, del mondo accademico e di quello politico mettendo, tra l’altro, in relazione generazioni diverse.
Il Gobetti che emerge da queste lettere è un giovane che ha compiuto una precisa evoluzione sul piano intellettuale che sfocia nella fondazione di “Rivoluzione liberale” avvenuta nel febbraio del 1922. Usa la rivista e la casa editrice come strumenti per la realizzazione di un progetto politico-culturale preciso nel quale dimostra di aver superato la delusione patita con il passaggio al fascismo di alcuni amici e interlocutori anagraficamente più vecchi di lui: il caso più emblematico in tal senso è certamente quello di Giuseppe Prezzolini con il quale il confronto è molto serrato e non privo di spunti polemici da una parte e dall’altra. Bellissima la missiva che Prezzolini invia a Gobetti nel dicembre del 1923 contenente una serie di giudizi sul fascismo e di critiche alla rivista. Ma altrettanto interessanti in questa prospettiva, sono gli scambi epistolari con il “maestro” Salvemini, sempre duro e caustico nei sui commenti (...).
In pochi anni Gobetti era riuscito grazie alle attività realizzate a dare vita a una rete di relazioni che aveva posto le basi di una comunità dialogante, tenuta assieme da un progetto politico che si fondava sulla presa d’atto della vittoria del fascismo, sulla consapevolezza che il regime avrebbe governato l’Italia per molto tempo e sulla necessità pertanto di studiare e capire questo fenomeno per combatterlo su un terreno diverso da quello sul quale si era consumata la crisi delle forze liberali e rispetto al quale il primo antifascismo denotava tutte le sue debolezze e incertezze. Non sorprende, dunque, che il fascismo sia uno dei temi che più spesso ritorna nel dialogo epistolare con molti degli interlocutori presenti in questo volume, siano essi coetanei di Gobetti o uomini appartenenti alle precedenti generazioni. (...)
Recensione di Renato Camurri
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