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Più che di capriole in salita mi sono ritrovato in una discesa agli inferi. La storia di Pino, alcolista figlio di un alcolista, è tremenda. Ti trascina senza requie in un continuum di disperazione in cui, ad ogni pagina, speri di poter scrivere la parola fine. Sembra farcela ma non ce la fa. Fuggire alla dipendenza fisica e psicologica dell'alcool è un'impresa quasi impossibile. Solo la vera forza di volontà alla fine avrà la meglio di tanti amari, bicchieri di putrido vino di pessima qualità, di intrugli superalcoolici. Il bere smodatamente ti sbatte in un gorgo malefico e perverso dove perdi la coscienza di quello che succede intorno, dove tutto muore senza che te ne accorga. Il libro è deprimente. E' scritto con un linguaggio raffinatissimo, senti che le parole non sono quelle del protagonista ubriaco fradicio ma del suo alter ego che lo vede e ne segue le orme giorno dopo giorno. Alla fine Pino vince sullo schifo, ma rimane il dubbio che sia uno dei pochi che sia riuscito in un'impresa impossibile. Amarezza e sconforto. Con slancio finale. Se vuoi , ma solo se vuoi, riesci a piegare la vita ai tuoi desideri.
Ho comprato questo libro incuriosito dal titolo, non conoscendo l'autore e la sua storia, il pensiero stesso della salita infatti, evoca uno sforzo, un impegno non indifferente, fare capriole in salita significa volersi complicare la vita. Ed è proprio questo che fa il protagonista/autore: si complica la vita, già avara di suo. Ma aldilà della trama, quello che mi ha colpito è lo stile: la concisione con cui viene raccontata la storia, senza però permettere a questo ritmo serrato di far perdere le sensazioni essenziali che ogni pagina porta con sè.
Comincio a sviluppare una certa idiosincrasia per le autobiografie, soprattutto se dannate. In questo caso c'è anche l'aggravante della scrittura antiquata ed artificiosa.
Recensioni
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