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Avevo commentato "Le regole del gioco" dello stesso Autore in questo modo: "Non comprendo come mai il simpatico Malvaldi abbia abbandonato i suoi brillanti polizieschi sul "BarLume" e si sia avventurato in un campo a metà tra la disciplina sportiva e l'esposizione di concetti complessi come il pendolo doppio, la teoria della probabilità o quella delle reti". Nel leggere "Capra e calcoli - L'eterna lotta tra gli algoritmi e il caos" mi verrebbe da ripetere lo stesso commento adeguandolo soltanto al diverso tema della trattazione. Forse Malvaldi ha risentito delll'influsso del co-autore che, apprendiamo dal Web, insegna Fisica Generale nell'Università di Pisa? Una frase, anzi una citazione da "I Jefferson" di S Hemsley, che mi è particolarmente piaciuta: "Un presentimento? Mio cugino una volta ha avuto un presentimento. Si è sentito che l'aereo che avrebbe preso sarebbe caduto, e così ha preso il treno. E indovinate un po'? Quell'aereo è davvero caduto. È caduto sul treno".
Saggio spassoso e scorrevole, per tutti i tipi di lettori. Lo stile è quello di Malvaldi che descrive algoritmi e statistica con la stessa ironia dei suoi romanzi. Assolutamente consigliato!
Scrivere un libro a quattro mani non è mai facile: il rischio è sempre quello di non riuscire ad amalgamare le varie parti. Ecco, questo è il punto più debole di questo libro. L'inizio del testo infatti racconta (bene) come si possa sfruttare la probabilità per capire come funzionano alcune cose (Monty Hall, ma anche il metodo Montecarlo per affrontare un problema troppo complicato), passando poi ai problemi legati alla troppa rapidità dei computer e al fatto che non siamo capaci di fare le cose in modo che non vada tutto a pallino a causa della loro intrinseca stupidità. Il guaio è che i singoli capitoli sono interessanti, ma al lettore - rectius: a me, non so come gli altri vedano le cose - rimane l'impressione che si sia perso da qualche parte il filo conduttore. Probabilmente insomma il modo migliore per leggerlo è dedicarsi a un capitolo per volta, come se il libro fosse una raccolta di saggi.
Recensioni
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Un giorno qualcuno potrebbe chiedere a Marco Malvaldi, uomo di scienza cresciuto all’ombra della torre pendente, di elaborare un modello che spieghi l’eterna rivalità fra pisani e livornesi.
Malvaldi si avvarrebbe allora di un computer, per cercare di ricavare qualche relazione certa fra le due città e per formalizzare una formula di cristallina precisione che metta in luce equilibri e disequilibri fra le caratteristiche dei labronici e quelle dei pisani.
Forse, dopo poco tempo, sui muri dei lungarni si comincerebbero a vedere strani segni matematici, lunghe equazioni intercalate dal segno > o dal suo opposto, e che tenterebbero di dare espressione matematica ad antiche locuzioni vernacolari.
Ma se anche si potessero circoscrivere con assoluta, digitale precisione i termini di un sentimento antico e inafferrabile com’è quello che contrappone pisani e livornesi, ci sarebbe da mettere in conto un’altissima probabilità d’errore nella risposta fornita dal cervellone elettronico.
Già: il vizio è nella domanda stessa, perché quella domanda l’ha posta un pisano!
Insomma: ogni calcolatore è, nel migliore dei casi, un utile idiota. Un servo, che non può far altro che eseguire le operazioni che noi gli diciamo di eseguire, con acribia e con tutta l’efficienza che i suoi circuiti gli concedono. Ma, come si suol dire, non si può cavar sangue dalle rape, nemmeno se queste contengono processori quad-core di ultima generazione e hanno più gigabyte di RAM di quante siano le biciclette che i livornesi si sono portati via.
Forse uno dei maggiori contributi che i computer, questi strumenti onnipresenti e potentissimi, danno a noi, loro demiurghi, è un’occasione per riflettere sul modo in cui ci interroghiamo sui problemi che ci affliggono, e su come cerchiamo di imbrigliare nelle pastoie di un ordine qualsiasi l’inarrestabile simpatia per caos ed entropia che l’universo sembra manifestare in tutte le sue infinite forme.
Si tratta, insomma, di conciliare problemi di carbonio con soluzioni di silicio, come sono gli stessi autori a dichiarare in apertura di libro e il successo di operazioni complesse come questa è tutt’altro che scontato.
Ovvero: appaltare a macchine che funzionano seguendo sequenze di 0 e di 1 la soluzione di problemi caotici, comporta dei rischi non indifferenti, ed è proprio di questi rischi che il libro scritto a quattro mani da Malvaldi e Dino Leporini, professore di Fisica all’Università di Pisa, si occupa, con piglio divulgativo e brioso, e attingendo i propri esempi da una casistica che contempla le transazioni ad alta frequenza con cui operano gli speculatori finanziari a Wall Street, ma non trascura di spiegare perché una fetta di pane che cade dal piattino durante una colazione qualsiasi, tenderà a cadere più spesso per terra con il lato imburrato.
Ascoltare questa intelligente, vivace conversazione sul modo in cui gli algoritmi governano aspetti della nostra vita insospettabili è inquietante, non c’è dubbio. Ma è anche divertente e istruttivo, almeno quanto lo può essere assistere ad una chiacchierata coi vecchietti del BarLume di Pineta in compagnia di Massimo il barrista, per chiunque conosca e ami l’opera narrativa di Malvaldi.
A cura di Wuz.it
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