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Quando nel 1980 cura per Mursia Invito alla lettura di Heinrich Böll, Lucia Borghese fornisce un quadro esaustivo della produzione bölliana, corredato da indicazioni utili a collocare l’autore nel clima politico-culturale dei decenni in cui visse, consentendo nel contempo una migliore percezione delle sue doti narrative. La monografia, aggiornata nel 1990 a seguito della morte dello scrittore avvenuta nel 1985, ha anche il ruolo di coordinare i ricordi dei molti che Böll l’avevano avvicinato da tempo grazie a Mondadori, impegnati a diffondere l’autore in Italia in tempi lontani dal Nobel, già nella seconda metà degli anni cinquanta, nella meritoria e sollecita "Medusa". Allora Böll era presentato come giovane scrittore emergente dell’immediato dopoguerra, allorché insieme ad altri, quelli, ad esempio, del Gruppo ’47, si era posto l’obiettivo di restituire alla lingua e alla scrittura letteraria del suo paese un’identità che il devastante imbarbarimento nazionalsocialista aveva grevemente offuscato: un’esperienza intellettuale vissuta in modo affatto totalizzante, che non lo lascerà comunque indenne dal coinvolgimento personale negli accadimenti che hanno contrassegnato la storia della Germania nella seconda metà del Novecento. Questo duplice ruolo di artista e di osservatore, di narratore e di pubblicista, spesso anche di acceso polemista, rimane una costante della sua fisionomia di uomo e di scrittore, la caratteristica di fondo di un instancabile testimone degli eventi in corso. I testi dei due volumi dei "Meridiani" dedicati alla sua opera sono stati scelti anche in base al dinamismo del profilo dell’autore. Il primo contiene gli scritti a partire dal 1949 (Il treno era in orario) fino ai primi anni sessanta, suggellati da Opinioni di un clown del 1963: dal fortunato debutto con i racconti di guerra sino all’analisi del miracolo economico tedesco. Della guerra, evocata in brevi e pregnanti composizioni che ospitano combattenti stanchi e reduci scoraggiati, Böll si riconferma dolente e forse ineguagliabile cronista. Al punto che, nonostante la vena satirica che contraddistingue tante sue pagine e l’innegabile spessore di romanzi successivi, come ad esempio Foto di gruppo con signora, la dimensione narrativa ottimale riconosciutagli pressoché unanimamente è proprio quella della Kurzgeschichte, la storie breve: il genere rivelatosi più congruo, nel dopoguerra, per conchiudere in spazi contenuti e intensi l’essenziale del dramma collettivo che non doveva essere disperso nella frenesia della ricostruzione né tantomeno diventare oggetto di rimozione. Nel saggio introduttivo ai Meridiani, Heinrich Böll e l’arte del racconto, la curatrice Lucia Borghese annuncia per il secondo volume, oltre a ulteriori testi narrativi, una serie di materiali costituiti da articoli, discorsi, recensioni e saggi: strumenti sicuramente utili per verificare le posizioni più o meno polemiche e i comportamenti più o meno controversi di un intellettuale che si è confrontato con i grandi temi della vita politica tedesca degli ultimi cinquant’anni, dal miracolo economico, alla Ostpolitik, al terrorismo, al soccorso ai dissidenti, senza dimenticare i conflitti che hanno opposto il cattolico renano alle gerarchie ecclesiastiche del suo Land. La rilettura, proposta da Borghese, della narrativa che ha fatto di Böll la rivelazione del dopoguerra e lo ha confermato in seguito come uno degli scrittori importanti del secondo Novecento, pare avere, soprattutto se affiancata a questi materiali, la funzione di completare il quadro che già si aveva dell’autore e quella di costituire, nel contempo, il presupposto per un’ulteriore riflessione anche sul personaggio pubblico. La collana dei "Meridiani" adotta programmaticamente – e ci sembra giusto, quasi doveroso – le traduzioni di "coloro che hanno fatto conoscere Böll in Italia", ovvero Italo Alighiero Chiusano, Marianello Marianelli, Lea Ritter Santini, Amina Pandolfi, Silvia Bortoli, Renata Buzzo Margari; le traduzioni dei testi saggistici saranno di Maria Teresa Ferrari e Fabrizio Rondolino, mentre Umberto Colla tradurrà i saggi finora inediti in italiano. In quanto ai materiali non ancora diffusi in Italia, dopo L’angelo tacque, presentato nel 1996, Einaudi pubblica, nel prosieguo del recupero dell’opera postuma di Böll, undici brevi racconti uniti sotto il titolo di uno di essi, Cane pallido. Tranne due casi, si tratta di attribuzioni cronologiche certe, situate nell’immediato dopoguerra, dal ’47 fino al ’49, mentre I fervidi risale agli anni precedenti, allorché Böll, non ancora ventenne, contava di dedicarsi al mestiere di scrittore, un progetto vanificato dal conflitto che lo coinvolge in prima persona costringendolo ad arruolarsi. Il tema della guerra, ampiamente rappresentato, ma non ancora risolto con la stringata felicità che contraddistingue già nel 1950 la raccolta di Viandante, se giungi a Spa..., si alterna a situazioni del La traduzione di Cane pallido è di Giovanna Agabio, che pare allinearsi a tutti gli effetti alla qualità di chi l’ha preceduta nella trasmissione della lingua bölliana.
Böll, Heinrich, Opere scelte. (Vol. I), Mondadori , 1999
Böll, Heinrich, Cane pallido, Einaudi, 1999
recensioni di Gazzerro Righi, L. L'Indice del 1999, n. 06
postguerra, la cui muta desolazione è purtuttavia animata da punte della vena satirica che si conclamerà negli anni successivi.
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