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Un libretto di 60 pagine con cui Salvatore Mugno presenta il cane mastino siciliano, meglio conosciuto come can’i mànnara, proponendo al lettore un testo interessante, originale e ricco di spunti di riflessione su certe “affinità elettive tra l’uomo e la bestia”, derivate dall’addestramento che se ne faceva nel passato da parte dei pastori. La vicinanza tra questi e i loro cani, afferma l’autore, con un linguaggio sapientemente ironico, ha permesso un reciproco “contagio” di atteggiamenti, vizi e virtù. A suo parere, “l’appellativo di can‘i mànnara è ancora oggi in Sicilia una delle peggiori offese che si possano infliggere a un uomo”, riferendosi proprio a quei tratti caratteriali quali l’ostilità, l’aggressività e la ferocia richiesti al cane pastore per difendere e accompagnare le greggi. Ora che anche l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana è stato investito del compito di tutelare questi animali, ormai quasi estinti, lo scrittore sonda questo particolare mondo canino e specularmente l’animo umano, quello siciliano, affrontando l’argomento da diversi punti di vista. Da una disamina di tipo letterario, parlando di taluni cani-personaggi di opere di scrittori siciliani, passa a delle descrizioni di tipo scientifico e storico, anche in relazione a contesti mafiosi e paramafiosi dove il nostro cane, un vero “Calantomu” in quanto a dignità e coraggio, veniva un tempo utilizzato. Mugno indagando le peculiarità dell’animale, indaga le doti caratteriali dei siciliani per farne oggetto di acuta riflessione identitaria e antropologica, legando, in qualche modo, il destino di questi “singolari quadrupedi” a rischio di estinzione a quello di certi umani che “sembrano cani di mànnara ma che, in realtà, fanno la guardia soltanto alla propria ricotta e al proprio vello”. Davvero un bel libro.
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