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Anno edizione: 2022
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Un padre tremendo, infame, violento che però non si riesce a odiare e un figlio che ha bisogno di risposte per riuscire a sciogliere i nodi della propria esistenza. E poi la crudeltà della guerra con le sue atrocità. Da leggere e assaporare, lentamente.
Concordo con la precedente recensione, aggiungendo che ho trovato lo stile di scrittura di Orlev decisamente originale. Il suo particolare modo di passare da una situazione temporale ad un'altra è sicuramente molto efficace nel mantenere la narrazione scorrevole ed accattivante. Il personaggio del padre,decisamente controverso, è descritto con una capacità realistica notevole.
In Israele vivono scrittori che hanno una marcia in più. La conferma viene da questo magistrale romanzo di Itamar Orlev, degno erede di Yehosua, e Oz, per non dire degli altri noti scrittori viventi di quel Paese. Il protagonista, in crisi con la moglie e con il suo lavoro, decide di recarsi in Polonia alla ricerca del vecchio padre che non vede da vent'anni. Motivo della lunga separazione la natura violenta del padre, dal quale la moglie e i figli erano fuggiti per rifarsi una vita in Israele. In un certo senso il romanzo narra il tentativo del figlio di attuare la resa dei conti con l'anziano genitore, tentativo che però sostanzialmente fallisce perché pietà e tenerezza sembrano avere il sopravvento sull'odio e sul disprezzo. Al centro troneggia la figura del padre, quintessenza della malvagità verso i familiari, eroe ma anche sicario in guerra, alcolizzato cronico, spregevole e al tempo stesso, gigantesco nella sua caparbietà, senza misura in ogni suo comportamento sia nel passato che nel presente ormai prossimo alla morte. Il tutto viene raccontato da Orlev grande sottigliezza psicologica e di riflessione, alternando anche episodi comici a quelli, più frequentemente, drammatici. Una lettura avvincente. Se fosse possibile, assegnerei anche la lode.
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