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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2013
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Il NONO dei dieci gialli del ciclo "Martin Beck". Riguardo all'edizione: sorge il sospetto che il nome di Camilleri sia stato usato per pubblicità. Basta leggere i gialli per scoprire che Sellerio li ha pubblicati in ordine sparso, senza riguardo per la sequenza originale di pubblicazione, che non è irrilevante, dato che la vita del protagonista si dipana parallelamente alle storie (tra parentesi, molti autori scandinavi moderni hanno copiato – spesso rozzamente – questa caratteristica). La sequenza corretta in cui andrebbero letti i dieci romanzi è la seguente: Roseanna (n. 638) L'uomo che andò in fumo (n. 776) L'uomo al balcone (n. 686) Il poliziotto che ride (n. 713) L'autopompa fantasma (n. 739) Omicidio al Savoy (n. 757) Un assassino di troppo (n. 665) L'uomo sul tetto (n. 807) La camera chiusa (n. 828) Terroristi (n. 867)
Una delusione. Banalmente politicizzato, noioso, senza una vera trama gialla, poco convincente nelle soluzioni, con uno stile scialbo ed incolore.
Opera magistrale. Più storie in una, in cui si mescolano critica sociale ( non dimenticare mai che questi signori scrivevano oltre 40 anni fa, in una epoca fortemente politicizzata, iin cui esisteva una sinistra molto più forte e compatta di oggi, e, comunque,la critica dei due autori in questi primi 8 libri si è mantenuta su livelli di discreto equilibrio), sfumature umoristiche, vivaci descrizioni di luoghi e persone, ironia, e - non ultima - anche indagine di polizia. Martin Beck appare un po' defilato, ma non è la prima volta, e anche gli altri personaggi facenti parte della consueta galleria di colleghi appaiono un poco in secondo piano, perchè in questo caso è la storia stessa, piuttosto corposa, a tener banco. Un libro molto bello, come sempre molto ben tradotto, un'altra dose di piacere di leggere che Sjowall e Wahloo ci hanno regalato.
Recensioni
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Håkan Nesser, uno dei più celebrati giallisti scandinavi contemporanei, scrive nella nota conclusiva di questo romanzo: «Era il 1972… Ricordo che acquistai “La camera chiusa” nella libreria Ludquist di Uppsala la settimana stessa in cui uscì. Lo lessi d’un fiato, me lo gustai appieno e lo passai alla persona successiva alla comune. Sicuramente la mia copia venne letta da dieci persone il primo mese dopo la pubblicazione del libro. C’era una specie di coda».
In Svezia, negli anni Settanta, Maj Sjöwall e Per Wahlöö erano due scrittori di culto. Marito e moglie, attivisti di sinistra in un periodo in cui essere di sinistra significava votare in un certo modo e avere degli avversari politici ben definiti, tra il 1965 e il 1975 scrissero dieci romanzi dedicati alla figura ruvida e romantica del commissario di polizia Martin Beck. Fu un successo immediato, che oggi viene celebrato con la pubblicazione in Italia di tutta la serie poliziesca.
Ne La camera chiusa, il nono episodio, Martin Beck, come sempre malinconico e amaro nelle considerazioni sul mondo che lo circonda, rientra in servizio dopo la violenta sparatoria di cui è stato vittima nel precedente romanzo L’uomo sul tetto - da cui venne tratto l’omonimo film di Widerberg. Senza sua moglie da cui si è separato, e senza famiglia, il capo della sezione omicidi di Stoccolma, si risveglia dall’incubo della convalescenza una mattina di luglio e si rimette al lavoro. Martin Beck è un uomo di mezza età che ama guardarsi intorno e conoscere il perché delle cose. Con il tempo la situazione del suo Paese si è lentamente sfaldata: cresce il malessere sociale e la miseria, aumentano i suicidi e la microcriminalità, il sistema sanitario è al collasso, la polizia è in carenza di organico, incapace di intervenire mentre i cittadini hanno paura. I poliziotti sono perlopiù incapaci: quei pochi che dimostravano un minimo di attaccamento al lavoro si sono licenziati sopraffatti dalla brutalità del sistema; gli altri, ottusi e ridanciani, si divertono a leggere romanzi gialli e a trovare riscontri in improbabili ipotesi accusatorie.
Martin Beck non ha mai letto un libro giallo e odia gli errori procedurali dei suoi colleghi. Quando sfoglia per la prima volta il dossier riguardante il primo caso che gli viene assegnato, non può fare a meno di notare la totale incuria con cui vengono condotte le indagini, stesi i verbali, cercate le prove. La carenza di organico non può essere un’attenuante.
Il cadavere di un uomo, un anziano indigente, probabilmente ubriaco, viene rinvenuto dalla polizia a distanza di molti giorni dalla morte, riverso sul pavimento di casa sua, in evidente stato di decomposizione. La porta è chiusa dall’interno con diverse mandate, le finestre sigillate con il nastro adesivo. La polizia porta via il corpo in tutta fretta, liquidando il caso come suicidio, ma non si accorge del referto dell’autopsia: morte a seguito di esplosione da arma da fuoco. Il problema è che la pistola che ha sparato il colpo, nella camera chiusa, non c’è.
Forse neanche Martin Beck può risolvere questo caso, forse il suo intuito lo sta portando fuori strada e il suo caso non ha niente a che fare con un'altra indagine che sta tenendo col fiato sospeso il commissariato di polizia di Stoccolma: una misteriosa ragazza che, dopo una rapina in banca, ha lasciato un cadavere dietro di sé.
Forse, invece, ha ancora una volta ragione lui, e bisognerà leggere fino in fondo questo magistrale giallo svedese per capire cosa sia esattamente un “poliziesco procedurale” e quanta stoffa sia necessaria per inventare un genere.
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