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Il microcosmo che si srotola davanti agli occhi dello spettatore è per similitudine quanto già si poteva intravedere in Amarcord (id., 1973) e in tempi più recenti in Radiofreccia (id., 1998). Entrambe pellicole calate nella provincia emiliano – romagnola. Entrambe dotate di personaggi, amicizie e narrazioni tramandate fino all'affacciarsi sulla scena delle nuove generazioni. Il luogo al quale ci introduce la regista è una summa di tutti quei piccoli paesi satellitari che compongono la nostra penisola e che rispetto a città più o meno grandi sono meno attraenti e dai quali chi vi abita, meglio ancora se giovane, desidera ardentemente andarsene non voltandosi più indietro. L’autrice felsinea decide di tornare al genere noir, muovendosi in un territorio, non solo geografico, che ben conosce e riuscendo a confezionare un thriller psicologico mascherato da dramma non generazionale, ma famigliare, quello di due sorelle simbiotiche ma anche altrettanto differenti, impersonate dalle cantanti pop Silvia e Giulia Provvedi, dal 2012 meglio note con il nome d'arte di Donatella. Impreziosito dalla voce narrante di Piera Degli Esposti, fino alla perfetta caratterizzazione di ogni personaggio fra i quali spicca Stefano Pesce, parvenu e villain mefistofelico per il quale è fin troppo facile provare un reale disprezzo. A visione ultimata l’indubbio merito della pellicola è la capacità di cambiare in corso d'opera il genere di appartenenza. Spostandosi dal dramma generazionale alla narrazione a chiare tinte noir.
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