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scheda di Piotto, I., L'Indice 1997, n.11
Una storia operaia nel periodo della crisi del fordismo, la carriera professionale di un operaio del Mezzogiorno, la fabbrica e le sue promesse non mantenute. Potrebbero essere queste le molteplici prospettive con cui leggere il racconto di Donato Esposto. Una storia di vita all'interno di una fabbrica "integrata"; scritta con uno stile narrativo enfatico, senza sfocare la prensilità argomentativa e la chiarezza espositiva del racconto biografico. Si tratta di una critica al "regime di fabbrica", come dice Esposto, ma anche e soprattutto della storia di un operaio del Mezzogiorno che decide di lavorare in una fabbrica - la Fiat - con aspettative di miglioramento professionale oltre che di sicurezza del posto di lavoro. L'esperienza alla Sata di Melfi è fatta di aspettative individuali, spesso profondamente differenti, che si intrecciano tra i rumori metallici in una fabbrica "snella", dove però la cultura manageriale fatica ad accettare le conseguenze di un modello partecipativo di organizzazione del lavoro - e la partecipazione diventa retorica finalizzata all'assimilazione e uniformazione delle soggettività. La delusione della rappresentanza sindacale, la fatica di promuovere un sistema di diritti capaci di controbilanciare l'autorità manageriale e ridare un contenuto al lavoro, accompagnata dalla complicità-paura (le due facce della microfisica del potere) dei compagni di lavoro, portano l'autore al gesto più radicale: abbandonare la fabbrica con le sue garanzie per ritornare al precariato del lavoro stagionale dal quale aveva cercato di sganciarsi. La sconfitta dell'azione collettiva si sovrappone all'emancipazione individuale: "Ho capito che non posso pagare in nome di un lavoro il prezzo della mia dignità, della mia libertà, dei miei bisogni. Oggi ritorno a vivere".
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