Il cadevere rapito
di Marcel Jouhandeau
Sullo sfondo di un paesino francese pettegolo, soffocante e feroce, il grande cantore dell'Abiezione tesse con mano magistrale i fili di un dramma metafisico in cui, più ancora che «le Presenze», si avverte «l'essenziale e unica Assenza».
«Alto e sottile, padre Diverneresse aveva il volto color bronzo di chi vive al sole; la testa e le mani parevano scolpite in vecchio legno di ciliegio; abituate all'immobilità assoluta, erano diventate oggetti, vere e proprie "cose", cose pressoché eterne, preziose, cariche di luce interiore. Impossibile attribuirgli un'età o l'attinenza con un luogo, quasi che si fosse sottratto al tempo, che non facesse più parte di alcun consorzio umano; e la pazienza irreale della sua maschera così come la solidità delle sue forti membra, allorché si muovevano, erano tali che avrebbero potuto appartenere tanto a un contadino abituato a spostare foreste e montagne quanto all'ombra leggera di un principe che si risvegli da un sonno secolare in fondo a un sotterraneo.»
«Un originale, un selvaggio, un sapiente, un demonio, il nostro parroco; nessuno sa quale sia la sua pena segreta, né quale insetto l'abbia punto al momento della nascita». Questo dicono di padre Diverneresse gli abitanti di Port-Salut, che lo hanno soprannominato Simon Mago e sono convinti che «nel fondo di quella vita inverosimile» si nasconda un mistero. Tutto di quello strano prete suscita in loro stupore e scandalo: il suo desiderio di solitudine, il suo bisogno di luce e di silenzio; e più di ogni altra cosa li indigna il modo in cui tratta la sua perpetua, alla quale non permette neanche di rifargli il letto. Verrà un giorno in cui giungeranno a sospettarlo di macchiarsi di crimini nefandi – sacrilegio, stregoneria, forse persino incesto – in compagnia della enigmatica signorina Angèle, il suo «Angelo tremendo», l'unica a cui egli rivolga la parola. )
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Disp. immediata