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Si parla della cl.politica italiana (1^Rep, il cadavere) in bilico tra la sua fine e l'incerta nascita di una 2^Rep fatta dalle stesse persone; tra sprechi, furti e lottizzazione, la rivoluzione che dovrebbe portare alla modernità sembra fatta dai magistrati (custodi delle leggi, quindi in teoria dello status quo), ma anch'essi cedono dalla difesa dei valori morali verso il protagonismo televisivo. I temi (solo sfiorati) sono infiniti: staticità (sociale, decisionale, politica), assenza di basi democratiche e perenne ricerca del "uomo forte", fatalismo cattolico della società, corporativismo/cooptazione invece che meritocrazia, assenza di cl.dirigente e di vera opposiz.Parlam, antipolitica (ascesa di Berl/LN), mafia pervasiva, capitalismo arcaico/dinastico, intellettuali asserviti (?); ma è sempre una critica "light": tutti colpevoli, nessuno responsabile. Scrive di un'attesa rivoluz.sociale, ma non si sa su quali temi né chi la farà; afferma la necessità di fare i conti con il passato, ma non c'è critica alla Dc ed al suo Gov extraparlamentare 1960-70. E' tutto troppo vago per essere serio. Anticipa il tema della delocalizz.produz e del potere delle multinazionali, ma enuncia anche prospettive irrealizzate e forse già allora eccessive: 2^Rep e federalismo forte non sono mai nati; inaccettabile (antropologicamente ed accademicamente) l'idea di un carattere italico perdurante nei secoli; l'Ita non ha (e non ha avuto) un ruolo importante nella Eu. Oscuri i Cap.5/6: da Einaudi a dissoluz Urss/Jugo, la Costituz Usa e la fallimentare unione Eu. Le Conclusioni (Cap.7) sono buone a stento per un saggio di bassa divulgazione: superficiali e populiste. Lunghissima appendice (50pag su 150; un'intervista e diversi articoli) spesso superficiale/buonista (meridionalismo, borghesia, responsabilità esogene per il lungo malgoverno Dc, alta potenzialità dell'Ita).
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