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L'aforisma intrattiene un legame con la filosofia, procede accanto alle grandi sistemazioni della scienza e della fede, ma si presenta come una buffoneria con cui la vita protesta per il travisamento infertole da quei sistemi. Queste le idee espresse da Adorno nello scritto del 1956 che apre questo volume di saggi con una sorta di messaggio programmatico: il pensiero aforistico è intimamente anticonformista. Lo è perché svela come la vita sia fatta di frantumi, per cui l'espressione che intende rifletterla non può che ammassare cocci: il tragico della vita si corregge acquisendo una prospettiva fugace e spugnosa che si affida al molteplice, ma che non rinuncia alla ricercatezza dello stile, all'ansia della misura geometrica, alla sorpresa estetica e gnoseologica: tutti elementi espressi nell'aforisma. Un genere che in Italia, dopo l'antologia degli Scrittori italiani di aforismi curata da Gino Ruozzi (Mondadori, 1994-1996), ha destato sempre più interesse sul piano teorico, da Palingenesi del frammento (Pellicani, 1995), agli studi raccolti in Configurazioni dell'aforisma (Clueb, 2000), in La scrittura aforistica (il Mulino, 2001) e in Teoria e storia dell'aforisma (Bruno Mondadori, 2004).
Preceduto da L'aforisma come genere letterario di Werner Helmich, nitido saggio che presenta le generalità dell'oggetto di studio, la Brevità felice raccoglie i contributi di un seminario universitario padovano. Vi confluiscono studi di rilievo, tra cui quelli di Gino Ruozzi sull'aforistica italiana nel Settecento, di Cesare Galimberti sui Pensieri di Leopardi, di Gian Mario Anselmi sugli aforismi politici di Machiavelli e Guicciardini. I saggi spaziano dalla tradizione greca agli aforismi medici, dal Petrarca "sentenzioso" a Saba e Sbarbaro, dai moralisti francesi a Nietzsche, fino alle culture extraeuropee (America aforistica di Massimo Bacigalupo, il bel saggio di Paolo Bernardini sull'Aforistica libertaria di Haskins e Jay Nock, Il "pointillisme" aforistico di Gómez Davila di Franco Volpi, Multatuli e i neerlandesi di Giorgio Faggin), senza accantonare contributi di sostanza densa e leggera al contempo come quelli di Giacoma Limentani su Aforisma: un poco che sorregge il molto? e di Ruggero Guarini sulla Psicologia del chiasmo.
Chi teme di confrontarsi con un volume di risonanza accademica si troverà invece al cospetto (come indica il curatore, che specifica i due tipi di contributi confluenti) sia di scritti di natura conversevole sia di saggi di più severo stile erudito, un'eterogeneità che si riflette infine sul gusto della lettura e che permette di entrare, con metodo volta a volta lieve o austero, nei fenomeni espressivi dell'aforisma. Basato sull'espressione breve ed ellittica, esso è per sua natura destinato a fatale incompiutezza, "si colloca all'antipodo della totalità hegeliana" e, nell'effrazione della logica, adegua piuttosto i propri meccanismi a quelli della critica, dell'ironia e della parodia. Ma li adegua anche al vasto e inesplorato campo delle analogie visive e realistiche, come capita per le note di Jules Renard ("Arcobaleno: la sciarpa del tuono") o per le greguerías dello spagnolo Ramón Gómez de la Serna ("Il tram approfitta delle curve per piangere", "Le candele sgocciolano cammei" ecc.). Artifici letterari che, nella forma di lampi selvatici e scontrosi, di amebe e geroglifici della realtà, concedono infine di assaporare la gioia, fuggevole ma intensa, della realtà svelata, ma anche della "libertà vissuta". Antonio Castronuovo
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