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«C’è un concetto che corrompe e altera tutti gli altri. Non parlo del Male, il cui limitato impero è l’Etica; parlo dell’Infinito», così ha scritto J.L. Borges – e le sue parole stanno sulla soglia di questo libro, dove un matematico ha provato a ripercorrere, con eleganza, penetrazione e perspicuità, le vicende di questa categoria temibile, dalle origini greche sino alla ormai cronica «crisi dei fondamenti» del pensiero scientifico. Prima parola occidentale per designare l’infinito è l’ápeiron, il «senza limiti», quale appare già in Anassimandro. Ma l’infinito greco, dai Presocratici alla sistemazione aristotelica, proprio in quanto lo si riteneva un principio «divino, immortale e indistruttibile», viene maneggiato con estrema cautela nei procedimenti del pensiero discorsivo. E si tratterà sempre, allora, di un infinito potenziale, concepito nel segno della «negazione» e della «privazione» (la stéresis di Aristotele). La contesa tra il finito e l’infinito appariva dunque come una delle forme della contesa ultima fra tutte: quella fra l’Uno e il Molteplice. Il numero, sinonimo di misura e armonia, valeva in essa da misterioso punto di mediazione fra il limite e l’illimitato. Dalla Grecia antica a oggi la sequenza delle metamorfosi dell’infinito sarà vertiginosa. Lo svilupparsi della matematica vi s’intreccia con radicali mutamenti nel modo di concepire la realtà cosmica e mentale dell’infinito. A poco a poco vedremo delinearsi quella che è la grande attrazione e tentazione del pensiero occidentale: l’infinito attuale, che i Greci avevano schivato e ora viene ad assumere un ruolo sempre più centrale. Nell’ultimo, bruciante tratto di questa storia, che va da Leibniz a Bolzano e a Cantor, assisteremo a sempre rinnovati tentativi di «indicare in modo esplicito l’infinito con ‘qualcosa’», finché questo ‘qualcosa’ si rivelerà «suscettibile per di più di essere manipolato come segno tangibile della meccanica algebrica». Una soggiogante realtà cosmica si tramuta così in un esile segno sulla carta. Ma una volta giunti, con la teoria cantoriana del transfinito, alla fioritura di una specie inaudita della matematica, cominceranno immediatamente ad aprirsi le falle insidiose dei paradossi e delle antinomie, che metteranno in crisi i fondamenti stessi della scienza. Da questa crisi, in cui siamo ancora immersi, discenderanno le più rilevanti scoperte epistemologiche del nostro tempo.
Zellini ha saputo raccontare queste trascinanti vicissitudini del pensiero unendo il rigore alla duttilità: ha seguito passo per passo l’evoluzione tecnica della nozione matematica di infinito e al tempo stesso l’ha riavvolta in quelle ricche speculazioni mitiche, teologiche, letterarie che da sempre l’hanno accompagnata. Così, in controcanto ai testi dei grandi matematici, incontreremo quelli di Musil e di Simone Weil, di san Tommaso e di Boezio, di Broch e di Florenskij. Dalla sconvolgente scoperta pitagorica dei numeri irrazionali allo horror infiniti che serpeggia in tutta l’antichità, dalle ardite teorizzazioni medioevali alla furia mistica di Bruno e di Cusano, dalle innovazioni scandalose (e fondatrici in rapporto alla scienza moderna) di Cartesio e di Leibniz sino all’abbagliante «paradiso» di Cantor (e alla subitanea cacciata da quel paradiso con la scoperta delle antinomie) e alle suggestioni attuali dell’«infinito aperto»: disparati, sorprendenti e nettamente disegnati sono i paesaggi speculativi che questo libro ci lascia attraversare. E Zellini ci farà da guida ogni volta con lucidità e passione, quasi fosse un odierno rappresentante di quel «Segretariato Terreno della Precisione e dell’Anima» che proponeva Ulrich nell’Uomo senza qualità.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non discuto del tema, che conosco solo in via "superficiale" da ingegnere, ma del pessimo e spiacevole modo in cui e' trattato. Se lo scopo del libro era fare divulgazione verso noi poveri non-eruditi, fallisce totalmente lo scopo. Un vero spreco di carta per una esibizione di presunta erudizione, Qual'e' lo scopo di riempire il testo di parole greche, in greco! O in latino ? E tutte quelle citazioni a pioggia che vogliono solo creare la massima distanza tra chi scrive, e chi legge, come per metterlo alla prova ? Che Barba ! ...e per fortuna che il proff. Zellini di mestiere fa l'insegnante ! .... Infine una nota anche per l'editore / redattori: ma prevedere delle note di traduzione dei testi in greco o delle note esplicative di citazioni etc ?? Regalero' questo libro alla locale biblioteca, x qualche altro sfortunato lettore. Per chiunque sia interessato al tema 'infinito' suggerisco cerchi altrove. Spendera' meglio il suo tempo.
Zellini scrive del sempre attuale argomento dell'infinito intrecciandolo alle speculazioni teologiche,mitiche e lettararie,ma lo fa in un modo troppo ostico. Due stelle sono il massimo che posso dare.
Ho letto per la prima volta questo libro più di trent'anni fa, dopo avere seguito qualche lezione di teoria della complessità tenuta da Zellini all'università di Pisa. Risultato: non ci ho capito nulla. Ora, dopo trent'anni, l'ho ripreso in mano e finalmente ho capito qualcosa: non tutto, perché il testo è davvero pesante e le mie conoscenze di filosofia sono ridotte, ma abbastanza per riuscire a seguire il filo del discorso. Le parti migliori sono a mio parere quella iniziale sul concetto di apeiron tra i greci e quella finale che mostra come il "paradiso di Cantor", con l'attualizzazione dell'infinito, è meno sicura di quanto si legge nei vari testi divulgativi e no. Insomma, non è il testo migliore per comprendere come l'infinito viene trattato in matematica a meno che non si abbia già un'idea oppure si abbiano ottime basi di filosofia.
Recensioni
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scheda di Ferrante, A., L'Indice 1993, n. 5
(scheda pubblicata per l'edizione del 1993)
Che cos'è l'infinito? E possibile definirlo? Ritorna la domanda più antica e tormentata degli uomini. Fedele compagna della ormai decennale "crisi dei fondamenti" del pensiero scientifico, rinnova giorno per giorno il vecchio dubbio tra Uno e Molteplice,Ordine e Disordine, Caos e Determinismo che ha caratterizzato la storia del pensiero occidentale. Adelphi ripropone, in una nuova collana, il libro di Zellini "Breve storia dell'infinito" nel quale l'autore racconta l'origine e l'evoluzione di questo "inafferrabile" concetto. Punto di partenza è l''Apeiron', l'illimitato di Anassimandro. O meglio, quello che dai presocratici ad Aristotele sarà la distinzione tra"infinito potenziale", privo di limiti come quello dei numeri razionali, e "infinito attuale", un'estensione divisibile, appunto, all'infinito ma che può essere compreso in una totalità. La contesa tra finito e infinito, tra limitato e illimitato si avvicenda nelle ricerche e nel pensiero di autori come Bruno, Cusano, Leibniz, Hegel, Cantor fino ad Heidegger e si intreccia nella storia con lo sviluppo della matematica. Il numero,"sinonimo di misura e armonia", diventa così lo strumento privilegiato per afferrare l'infinito. Ma l''Apeiron' rimane ancora oggi uno sconosciuto.
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