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Presentando il nuovo volume di Arno Schmidt, la priorità va data a chi è stato superbamente in grado di trasporre in italiano la lingua "impossibile" dell'autore tedesco: Domenico Pinto, insignito in febbraio del meritatissimo Premio italo tedesco per la migliore traduzione 2006-2007 per la sua resa di Dalla vita di un fauno dello stesso Schmidt. Anche Claudio Magris, dalle pagine del "Corriere della Sera", ha riservato lodi a questo trentenne campano. Brand's Haide è il secondo volume della trilogia Nobodaddy's Kinder (tassello centrale tra Dalla vita di un fauno e Schwarze Spiegel). Siamo nell'immediato dopoguerra, in un minuscolo paese nella Lüneburger Heide: il racconto è quello di un reduce di guerra, che si innamora di una delle due sorelle che lo ospita. Il privato si mescola alle riflessioni sulla cultura, sulla società, sulla storia e sul nazismo. Molte le tracce autobiografiche dello stesso Schmidt: lo studio di Fouqué, i pacchetti "Care" spediti dall'America dalla sorella, emigrata nel 1939. Ma al di là della trama, quello che colpisce in Arno Schmidt è la mirabile capacità di rappresentare la realtà in ogni sua sfaccettatura: la miseria e penuria del dopoguerra, le voci di personaggi umili e "volgari", le discussioni su letteratura, religione, la quotidiana preoccupazione per i beni di prima necessità. Questo affresco sociale è potenziato grazie a un uso davvero temerario della lingua, che si ribella a ogni obbligo sintattico, mentre il lessico si fa calco bruciante della realtà. Di fronte a ciò il mestiere del traduttore è ancora più sfida improba, ma grazie a Pinto il risultato è ottimo, e finalmente anche in Italia viene dato spazio a un autore trai più geniali del Novecento. Maria Giovanna Zini
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