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Ho terminato finalmente questo libro. Ovvero, ne avevo letto una parte fino alla fatidica pag.37 su cui c'è una splendida battuta calcistica. Poi impegni di forza maggiore mi hanno impedito il proseguimento. Fino a ieri sera. Mai mi è capitato di leggere un libro in due ore. Superfluo fare i complimenti allo scrittore, anche se fanno sempre piacere. Una storia scritta con lucida sincerità senza perdersi nei meandri di giustificazioni sociali, nella psicologia dei personaggi, senza dar loro la possibilità di riscattarsi o di giustificare il crimine che stavano commettendo. E mentre leggevo mi scorrevano nude e crude le immagini del martirio così come sono descritte. Una visione letteraria (seppur cinica) accompagnata da una visione cinematografica. E da donna è stato un bel pugno nello stomaco. Eppure nemmeno per un istante ho ceduto allo sconforto. Perché questo libro non induce solo a pensare, a riflettere. Questo libro mi ha fatto vivere una storia, era come se fossi dietro un cespuglio anch'io ad assistere a quello scempio disumano. Ho trovato molto poetiche tante descrizioni dettagliate di luoghi e azioni. Come la scena finale. Bella la scelta dei nomi soprattutto quella delle donne, nomi gentili molto femminili come Silvia Esterina. Al contrario di Marion( così maschile teutonico) in contrasto con il suo atroce destino. A pagine chiuse avrei voluto abbracciare Raniero con l'impeto dell'istinto materno che mi contraddistingue. Così fragile e vulnerabile ha voluto per qualche istante distinguersi da suo padre se non nei fatti almeno nel pensiero. Guadagnandosi la mia assoluzione.
...In realtà il romanzo fa innanzitutto un grande lavoro sulla lingua e sul dialetto, riproducendo realisticamente e non solo 'pasolinianamente' la gergalità locale; poi si smarca con abilità dalla contestazione relativa al fatto che non vengono spiegate le motivazioni di un tale atto di barbarie: semplicemente perché le motivazioni non ci sono. E la lingua, con la sua asciuttezza e la sua perentorietà, è lì a dimostrare proprio questa assenza di ragioni. Che sgomenta la critica borghese (e pure quella di sinistra). I ragazzotti e l'uomo adulto infatti stuprano per il piacere fine a se stesso di stuprare due ragazze (due turiste tedesche, icone di un immaginario collettivo masturbatorio giovanile senza precedenti). Fanno quello che migliaia di ragazzi della loro età avrebbero voluto fare senza poterlo mai attuare, averle a disposizione solo per se. Probabilmente è questo fatto che ha sgomentato tutti coloro che si sono scagliati contro il film di Risi (e di conseguenza contro il romanzo). Carraro non spiega, non va in 'introspezione', non ricorre agli sterotipi preconfezionati freudiani, Carraro sfida il moralismo sociale semplicemente facendo quello che uno scrittore del suo calibro deve fare: descrivere ciò che è stato e, da lì, rianimare le sensazioni provate dai protagonisti. Quando una operazione del genere riesce, cosa c'è da spiegare? Non sono già abbastanza espliciti lo sgomento, la rabbia, la stessa insensatezza del gesto, il suo piacere sublime e terribile provato da quanti hanno avuto il coraggio vile di mettere in pratica un desiderio collettivo represso e che il libro, come tutti i grandi romanzi, semplicemente riporta? E poi dicono che non ci sono scrittori italiani bravi; certo che ci sono, ma li si dimentica in fretta, soprattutto quando sfidano le convenzioni del manierismo letterario ormai dominante, da Baricco in giù.
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