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Anno edizione: 2014
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Roberto Pruzzo, classe 1955, da Crocefieschi, nell'entroterra genovese, esordisce a diciotto anni nel Genoa, di cui diventa presto una bandiera, in tempi in cui un calciatore restava x molti anni nella stessa squadra. In rossoblu rimase x cinque stagioni, conquistando la promozione in A. Nella stagione '78/'79 passò alla Roma, dove rimase x nove anni, vincendo uno storico scudetto, arrivando alla finale di Champions, e conquistò x tre anni il titolo di capocannoniere. Questo racconta Pruzzo nel suo libro, e molto altro, indelebile nella memoria dei tifosi. Andavo a vederlo con mio padre a Marassi, e ricordo i suoi straordinari gol di testa, sui calci d'angolo battuti da Bruno Conti, suo compagno anche alla Roma. Ricordo quando sbagliò il rigore sotto la Nord che avrebbe significato la salvezza del Genoa, il 30 aprile 1978. Anche Pruzzo rammenta quell'episodio, e scrive: "Questo mi fa male ancora oggi". Ciò che non dice è che si appoggiò al palo, disperato, e fu il portiere dell'Inter, Bordon, a consolarlo mettendogli un braccio sulle spalle, mentre nello stadio regnava un silenzio irreale. Dispiace che scriva che il pubblico di Genova è troppo esigente: dovrebbe saperlo che i liguri non sono espansivi come i romani, ma stimano chi in campo dà tutto. Era un anticonformista, Pruzzo, come tanti ragazzi in quegli anni: non amava la folla e la notorietà, era, ed è rimasto, un tipo introverso e un po' malinconico. A differenza di molti colleghi, non ha parole di rancore x nessuno, nemmeno x l'arbitro che, annullando un gol valido a Turone, negò alla Roma uno scudetto meritato, a favore della Juventus, storica rivale. Uno scudetto a Roma ne vale dieci alla Juve, dice Roberto, ed è vero. La biografia di un atleta non ha pretese di capolavoro letterario, i capitoli sono brevi, una paginetta con tanti spazi bianchi, come un tema del primo della classe alle elementari. Il libro si legge in un giorno ma vale x la simpatia, la modestia e il merito sportivo.
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