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Bocksten è una località svedese, al confine con la Norvegia: qui nel 1936 è stato ritrovato lo scheletro di un uomo del XIV secolo, probabilmente linciato o ucciso nel corso di qualche rituale magico-propiziatorio. Di lui rimangono (straordinariamente ben conservati dall'azione della torba in cui era sepolto) le ossa, brandelli di un abito di tela, i capelli rossi e alcuni pioli confitti nel petto. Partendo dalla descrizione di questo crudo fatto, Pusterla innalza il Bockstenmannen a simbolo del destino di ogni vittima misconosciuta della storia: compito del poeta è quindi dare voce a un morto di cui nessuno sa niente, riscattarlo dal silenzio orrendo dei secoli, dall'indifferenza delle generazioni successive: "Ti presterò un voce per il buio/ una mano per i tre pioli/ nel tuo petto". Il bosco in cui si attua questa rivisitazione (quasi ricerca archeologica e insieme rito apotropaico) è un bosco ossessivo, "in rovina" come fosse un tempio sconsacrato: melma, palude boscosa, pozzo fangoso, putridume, detriti, rottami, muschio, rami rotti, luce spiovente, silenzio, sono i termini usati per offrirne una prima, angosciante, immagine. Si susseguono poi altre presenze minacciose a rafforzare l'idea di un incubo che esplode nella nebbia di un sonno lungo quanto la storia. E' uno scenario che può ricordare i primi film di Bergman, l'angoscia sottile di una natura immodificabile matrigna dell'uomo. Vittima dei suoi incubi, portavoce dell'inconscio collettivo, amplificatore della paure di tutti, Fabio Pusterla in questo libro fa parlare il nostro terrore ancestrale di non essere niente, di non servire a niente: "Sale su, aggalla in un risucchio lento,/ il gorgo abbagliante che preme, si espande,/ strascina un ricordo di caverna..."; "E se il buio fosse di tutti, e servisse a qualcosa/ tastarne gli scalini da basso inferno?". Cosa rimane indenne da questa scena apocalittica? L'immagine di una poesia che lotta per continuare a esistere, in termini di civile testimonianza.
Un libro di poesie davvero bello, molto compatto, si potrebbe dire narrativo se non fossero poesie abbastanza brevi, quasi "archeologiche". Molto intenso, mi è piaciuto moltissimo.
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