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E' un buon film alla Zick. Trama non particolarmente contorta, ottima fotografia, buon cast. Poi, forse, se tagliavano una ventina di minuti guadagnava in ritmo. Certo lascia un po' perplessi la "morale" di fondo. Da sempre gli uomini si sono ammazzati tra loro per le "ricchezze" dalle pelliccie all'oro, dal petrolio ai diamanti. Ma non è che esiste un meccanismo lineare tra ricchezze da saccheggiare (di solito da parte di avidi bianchi) e morti ammazzati. Dalla Palestina all'Irlanda, dalla Cambogia al Ruanda l'assassinio su larga scala, fino al genocidio, eseguito anche "artigianalmente" a colpi di panga o machete aveva "sufficienti" giustificazioni ideologiche, religiose o razziali. Alla fine il film lascia il messaggio che i poveri liberiani non sono vittima di odi tribali o della loro arretratezza economico culturale ma solo dell'avidità dell'uomo bianco. Dimenticando, appunto che ieri in Ruanda, oggi in Sudan le spinte al genocidio sono molto meno corrette a livello "culturale". Comunque è un buon film, anche se forse DiCaprio non era proprio l'interprete giusto per la parte del mercenario pentito.
Dal setaccio al consumatore, si potrebbe dire, con in mezzo un'ardua guerra e un lungo viaggio sanguinoso in cui un mercenario contrabbandiere di diamanti e un pescatore sfuggito al machete dei ribelli cercano di salvarsi e di recuperare un prezioso diamante rosa seppellito sotto la sabbia. Tutto nella Sierra Leone delle rivolte e delle organizzazioni ribelli che uccidevano senza pietà chiunque gli si ponesse davanti. Fondamentalmente BLOOD DIAMOND avrebbe avuto un senso se anteponesse a tutto la questione politica e drammaticamente infuocata della Sierra Leone dei '90 in maniera da colmare le lacune storiche dello spettatore, in verità si rilancia in un thriller avventuroso senza particolari exploit in cui si arriva alla morale programmatica della redenzione e si cerca un messaggio positivo nell'arrivismo e nell'inganno. Edward Zwick non sarebbe poi neanche male come regista se non si prodigasse in copioni caserecci e scricchiolanti, buttando metri di pellicola su momenti praticamente inutili e portando lo spettatore alla noia (uso massiccio delle forbici, sarebbe calzato a pennello), e cotonando la storia in una sorta di trattato internazionale sulla miseria e la situazione terzomondista sinceramente a prova di sopportazione. Dalla sua ha un trittico di interpreti che non sono certo novellini, a cominciare da un Leonardo Di Caprio di nuovo convincente o un Hounsou pienamente consapevole dei propri mezzi, che quando non strilla sa dare al suo personaggio ottime sfumature malinconiche, ma sono raggi di sole in mezzo a una giornataccia. Occasione mancata per dare al mondo una lettura storica di una pagina semidimenticata, anzichè una specie di pubblicità progresso poco saccente e infiorettata alla buona fino a scemare nel soporifero.
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