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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2022
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Ozzy è tornato. In gran forma. Dopo due dischi così così, ci presenta questo "Black Rain". Devo dire che il disco è fatto bene, nonostante gli anni, questo album non risulta essere una copia di album precedenti dell'artista e dico sinceramente che questo disco è sicuramente uno dei più compatti, che non annoiano dall'inizio alla fine. Heavy Metal, si.... ma alla Ozzy Osbourne. Non manca neanche la ballata di turno: "Here For You", degna del miglior Ozzy. Un album consigliato non solo ai Fans dell'ex Black Sabbath, ma a tutti coloro che stimano e apprezzano l'Heavy Metal. Immortale. Voto: 8,50
Sei anni dopo il dimesso “Down to earth”, che lo vedeva ridotto al ruolo di milionaria marionetta nelle mani della tentacolare moglie-manager Sharon Osbourne, Ozzy torna con un album di inediti dalla rinnovata vena compositiva. L’onesto Zakk Wylde, pur restando un nano sulle spalle dei giganti Tony Iommi e Randy Rhoads – i soli talenti chitarristici che abbiano mai portato Ozzy a realizzare capolavori assoluti – garantisce per il quinto album consecutivo degli sprazzi solisti di buon mestiere. Quello che distingue immediatamente “Black rain” dai predecessori è però l’energico rifferama alla Black Sabbath, che prova a tenere testa al recente “Fused” di Iommi e avvalora le voci di un eventuale nuovo lavoro in studio dei padri dell’heavy metal. “God bless the almighty dollar” potrebbe essere il motto che negli ultimi anni ha portato l’inquietante Sharon a battere cassa con la sgangherata saga televisiva di “The Osbournes”, facendo passare l’unico vero artista della famiglia per un vecchio deficiente mezzo sordo, ma ironicamente è il titolo del pezzo più brillante del nuovo disco: un mid- tempo pesante e cadenzato che affidato alle cure di Iommi e Geezer Butler farebbe la gioia di molti fan del Sabba Nero. Ma c’è spazio anche per l’apocalittica title-track, un paio di buone ballad (“Lay your world on me” e “Here for you”) che dal vivo faranno strage di accendini, gli accenti hardcore della sfuriata “11 Silver” e l’eccellente “Civilize the universe”, costruita su un elegante tappeto elettronico tra Nine Inch Nails e Paradise Lost. La voce di Ozzy, che non passerà alla storia per duttilità o estensione, rimane tuttavia quella di un’inconfondibile Cassandra del metal, in grado di stagliarsi minacciosa sopra un muro di chitarre doom per ammonire il genere umano sulle conseguenze di guerre e politicantato. Difficile individuare punti deboli in un album così riuscito, che riporta il personaggio di Ozzy Osbourne nel solo territorio che gli compete: quello della grande musica.
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