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Tra le più importanti operazioni di "soccorso culturale" attuate in questi anni dai diversi festival cinematografici va indubbiamente annoverata quella proposta dalla Biennale di Venezia, in collaborazione con la Fondazione Prada, concernente il restauro in digitale di dieci grandi classici del cinema cinese degli anni trenta e quaranta, che saranno distribuiti commercialmente nel 2006 in formato dvd e resi quindi accessibili a chiunque ne sia interessato. Il progetto è legato al centenario del cinema cinese (1905-2005) ed è stato integrato da una retrospettiva di classici di quel cinema, proposta nel corso della stessa 82° Mostra internazionale d'arte cinematografica, e dalla pubblicazione di questo volume, che prosegue, integra e aggiorna un altro libro assai importante, anche questo chiamato Ombre elettriche , curato dallo stesso Müller nel 1982 (edito in Italia da Gangemi), in occasione di quella che fu e rimane la più ampia retrospettiva mai svoltatasi in Italia sul cinema della Cina (Torino, febbraio-marzo 1982).
Affidati a ricercatori occidentali e orientali, i saggi che compongono il nuovo Ombre elettriche percorrono la storia del cinema cinese dai primi anni trenta a oggi, dall'affermarsi della cosiddetta Seconda generazione ai contemporanei fenomeni del cinema indipendente e digitale. Tra i saggi più stimolanti, innovativi e destinati probabilmente a suscitare ulteriori ricerche c'è quello di Xiao Zhiwei, che insegna alla California State University, il quale, prendendo in esame il cinema di Shanghai dei primi anni trenta, mette in discussione molti dei luoghi comuni relativi al conflitto fra il Movimento cinematografico di sinistra e il governo nazionalista, insistendo su come la decisione da parte delle autorità di proporre un cinema sociale a discapito di quello d'evasione finisse, alla resa dei conti, con il favorire lo stesso sviluppo di un cinema in qualche modo militante e impegnato a denunciare le contraddizioni della società cinese dell'epoca.
Anche Paul Clark, già autore di diversi libri sul cinema cinese, mette in discussione alcune ricorrenti generalizzazioni sul cinema degli anni della Rivoluzione culturale, insistendo soprattutto su come le reazioni del pubblico dell'epoca non fossero sempre in sintonia con gli intenti propagandistici della "banda dei quattro". Di notevole interesse anche il contributo di Chris Berry, della University of London, che analizza tre dive del cinema cinese individuandone le diverse funzioni metaforiche di vittima dell'invasione imperialista e dei residui del feudalesimo (Ruan Lingyu), di patriota al servizio della rivoluzione (Xie Fang) e di protesta contro la gerarchia del Partito (Gong Li). Oltre ad altri interessanti saggi, il volume propone una vasta sezione di riproduzioni di manifesti cinematografici dal 1940 a oggi, introdotta da un importante contributo di Federico Greselin, e la ristampa dell'ampio e pionieristico saggio di Ugo Casiraghi Il cinema cinese questo sconosciuto pubblicato per la prima volta nel 1960 sulla rivista "Centrofilm".
Dario Tomasi
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