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La biblioteca multietnica. Libri, percorsi, proposte per un incontro fra culture diverse - Vinicio Ongini - copertina
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La biblioteca multietnica. Libri, percorsi, proposte per un incontro fra culture diverse
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La biblioteca multietnica. Libri, percorsi, proposte per un incontro fra culture diverse - Vinicio Ongini - copertina

Descrizione


In che modo la lettura, il libro, le storie possono aiutare i ragazzi stranieri a non perdere le loro radici e i ragazzi italiani a scoprire le differenze (e la ricchezza) delle altre culture? Che cosa possono fare la scuola e la biblioteca? In appendice una mappa di punti di riferimento (biblioteche, scuole, editori, luoghi di ricerca, associazioni) che utilizzano la lettura come mezzo di integrazione tra le culture. Riproduzione a richiesta dell'edizione: Editrice Bibliografica, 1992 (Quaderni di Sfoglialibro 5) ISBN 88-7075-302-6
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Dettagli

1999
30 luglio 1999
96 p., ill.
9788848800075

Voce della critica

ONGINI, VINICIO, La biblioteca multietnica, Editrice Bibliografica, 1991
GIUSTINELLI, FRANCO, Razzismo, scuola, società, La Nuova Italia, 1992
BERGNAC, LAURA (A CURA DI) / SUSSI, EMIDIO (A CURA DI), Minoranze etniche e immigrazione, Angeli, 1993
AA.VV., Scuola e società multiculturale, La Nuova Italia, 1992
AA.VV., Costruire la società multirazziale, Marietti, 1992
recensione di Eramo, P.P., L'Indice 1993, n.10
(recensione pubblicata per l'edizione del 1991. Presso Editrice Bibliografica)

Una delle prime conseguenze delle dinamiche migratorie che interessano in modo strutturale l'Italia ormai da tre anni è stata una notevole spinta alla riflessione sul nostro sistema socioeconomico: quasi che l'improvviso emergere degli 'altri' abbia costretto i 'noi' a uscire allo scoperto, a chiarire tutte le ambiguità, a non dare più nulla per scontato. E chi ha condotto onestamente questo esame non solo ha scoperto che in Italia non ci sono le case per i poveri, che il diritto alla salute è solo una speranza, che il caporalato e il lavoro nero esistono ancora, che la nostra burocrazia offende la dignità dell'uomo: ha anche messo in discussione la nostra cultura, l'educazione linguistica, l'insegnamento scolastico; ha riscoperto la nostra eterofobia, i leghismi quotidiani, la timorosa e intollerante provincialità. E così l'Italia delle Italie, non ancora guarita dai suoi malanni regionali, si è trovata quasi senza accorgersene a parlare di Islam, di minoranze, di seconda generazione, di società interculturale e di educazione alla differenza. Ormai sono molte le occasioni di riflessione su questi argomenti e anche il mercato editoriale ha cominciato a popolarsi di titoli attraenti. Si tratta per lo più di atti di convegni: segno questo non solo della precocità degli studi, ma anche della complessità e della multipolarità del tema, che coinvolge pedagogisti, psicologi, teologi, politologi, assistenti sociali, linguisti, insegnanti, e che, tranne in alcuni casi, non ha ancora visto affermarsi alti livelli di specializzazione. Insomma il margine di sperimentazione è notevole, il dibattito grande e a largo raggio, la qualità spesso incostante.
Chi voglia su questi argomenti avere un inquadramento generale, può leggere utilmente un aureo libretto curato dal Cnel ("Costruire la società multirazziale. Appartenenze e identità a confronto"), che si è distinto negli ultimi due anni per l'azione di ascolto e di studio delle esperienze locali sulle politiche di accoglienza, ma anche per la capacità di proporre grandi visioni d'insieme. Gli interventi sottolineano la rivoluzione geopolitica in atto: in questo quadro l'integrazione socioculturale fra culture diverse (nel libro si parla soprattutto di Islam) non avviene spontaneamente, ma deve essere voluta, cercata e gestita. È necessario aumentare le occasioni di contatto fra culture, religioni e sistemi politici con la coscienza delle differenze strutturali (la "cultura olistica" dell'Islam versus la "cultura dell'individuo" in Europa di cui parla Fouad Allam), ma anche dei processi di cambiamento che stanno conducendo l'Islam a una "modernità irreversibile". Prepararsi dunque allo "scontro potenzialmente dirompente'' (De Rita), al rischio di "ferire ed essere feriti, essere malintesi e ben capiti, oscillare tra l'amore e l'odio" (Borrmans), ma evitare di cadere nel differenzialismo ("Tarquinia ai Tarquiniesi, Tirana agli Albanesi. L'importante è non comunicare"; Bonomi). Recuperare invece le molteplici valenze dello spazio del Mediterraneo come mezzo di comunicazione e di dialogo ("... passare da una logica di frontiera-linea a una cultura di frontiera-spazio significa in primo luogo vivere la frontiera come luogo ove fare territorio"; idem).
Una dello tappe fondamentali per evitare affrettate fughe in avanti è l'approfondimento delle caratteristiche e delle contraddizioni irrisolte ancora presenti nella nostra cultura. La soluzione dei problemi che oggi si stanno ponendo comincia probabilmente già da una diversa riconsiderazione delle minoranze nazionali e di una ricostruzione dell'identità su base regionale. È questa l'ottica da cui l'Isig (Istituto di sociologia internazionale di Gorizia) guarda a questi temi ( "Minoranze etniche e immigrazione. La sfida del pluralismo culturale"). Esiste "un continuum, dove un estremo è rappresentato dallo stato-nazione, espressione di organizzazione centralizzata" in cui "attraverso un rapporto di dominanza-minoranza, un'ernia, quella maggioritaria, prevale sulle altre"; all'altro estremo l'integrazione regionale, dove le ernie "potrebbero avere pari dignità e collocazione". La domanda di cittadinanza culturale posta dagli immigrati può essere allora l'occasione per modificare concetti e pratiche ormai tradizionali nel rapporto maggioranza-minoranze: bisogna instaurare "una politica culturale che privilegi gli aspetti 'propositivi e cooperativi' delle differenze culturali, piuttosto che evidenziare solamente gli aspetti 'rivendicativi'" (Fileni). Il presupposto è la decostruzione dell'identità "come una entità che rischia di disseminare sul continuum delle differenze delle distinzioni artefatte" (idem) e la sua ricostruzione come "processo relazionale" (idem). La speranza è quella di un'Europa che "deve trasformarsi al tempo stesso in provincia e in meta-nazione" (idem).
Il lettore enciclopedico ed esigente dovrà affrontare senz'altro il volume a cura di Gastone Tassinari, Giovanna Ceccatelli Gurrieri e Mariangela Giusti, che tratta con notevole ricchezza di contributi i nodi fondamentali dell'insediamento degli immigrati sul nostro territorio. Un'attenzione particolare viene dedicata alle questioni linguistiche (incontro/scontro tra L1 e L2, recupero della lingua di origine, nuove impostazioni nell'insegnamento dell'italiano, con un intervento tra gli altri di De Mauro): prezioso l'intervento di Demetrio che offre un vero e proprio manuale del formatore interculturale nei corsi di lingua per stranieri. Si trovano all'interno del libro anche riflessioni e linee di ricerca originali, come quelle di Campani sulla donna immigrata, che, oltre a sopportare nello stesso tempo sessismo e razzismo, si trova stretta tra il modello oppressivo della cultura di origine e l'anomia della modernità; oppure l'accattivante intuizione di Le Pichon e di Chiozzi sull'"antropologia reciproca" come strumento per raccogliere la sfida della differenza. Notevole anche il saggio di Favaro dedicato all'analisi del rapporto della famiglia immigrata con i servizi e la scuola.
Chi vuole addentrarsi nella prefigurazione della società interculturale non può evitare di studiare i temi del pregiudizio, del razzismo e dell'intolleranza (l'altra faccia della medaglia), su cui si sofferma Franco Giustinelli con un libro che è quasi un manuale, dedicato soprattutto a insegnanti ed educatori. Oltre a tracciare con abbondanza di riferimenti e citazioni una storia della teoria e della pratica del razzismo, dell'antisemitismo e delle manifestazioni dell'intolleranza, Giustinelli analizza gli studi sull'origine del pregiudizio da Tertulliano a Balibar, passando per Adorno, Freud, Fromm, Allport e altri. Interessanti le incursioni in campi solitamente trascurati in testi simili, come il pregiudizio antimeridionale, quello contro la donna, lo studio della rappresentazione dei "matti", o le riflessioni sul monoculturalismo religioso del sistema formativo italiano. Il libro, corredato da un utile "Glossario. Le parole sono pietre" e da un'appendice con le "Carte di diritti" e altri testi normativi, si conclude con proposte concrete sulla revisione dei libri di testo, sul ruolo dell'insegnante, sulla trasformazione delle attuali pratiche pedagogiche.
A questo proposito, il mondo della scuola sembra aver reagito abbastanza bene alle nuove domande educative, nonostante il suo rigido monoculturalismo. Insegnanti sperimentatori e istituti di formazione e aggiornamento si sono avventurati nella ricerca e nella pratica interculturale, su cui interessanti contributi si trovano nel due ultimi testi citati. Ma al di là delle impostazioni generali sono importanti i suggerimenti pratici e le esperienze ripetibili. Nell'ultimo capitolo di "Scuola e società multiculturale" (citato sopra) si possono leggere testimonianze di programmi realizzati da Irrsae, provveditorati e scuole di vario ordine e grado. Molto attraente è poi la proposta di Vinicio Ongini, esperto di letteratura per ragazzi, che offre nel suo libro originali percorsi di lettura da Bagdad a Rabat, da Lagos a Buenos Aires a Varsavia, in un'ottica di scambio interculturale ("La biblioteca multietnica): "si può mettere "Robinson Crusoe" insieme alle "Mille e una notte", Arlecchino e Bertoldo insieme ai romanzi di Tahar Ben Jelloun e collegare Jules Verne alle zattere degli albanesi".
Dovendo tentare qualche osservazione conclusiva, appare chiaro che molta strada resta ancora da fare, a diversi livelli. I problemi della seconda generazione, del conflitto religioso, dell'integrazione della famiglia immigrata, dell'interculturalismo linguistico, di una vera pedagogia interculturale sono ancora timidamente sfiorati nel panorama editoriale italiano e il lettore volenteroso e informato dovrà andarsi a studiare testi anglosassoni (dal Canada all'Australia agli Stati Uniti all'Inghilterra), francesi o tedeschi (sarà opportuno tradurne qualcuno?). Ma questa non è certo la nostra preoccupazione maggiore. Mentre si organizzano convegni e si stampano libri, i governi di molti paesi della Comunità europea (si fa per dire) adottano provvedimenti fortemente restrittivi nelle loro legislazioni nazionali (la Germania e la Francia sono i primi esempi preoccupanti); l'Italia dal canto suo soffre di un'assurda miopia normativa, capace di calpestare attraverso le leggi dello stato e la pratica amministrativa i diritti fondamentali degli immigrati, mentre movimenti politici oggi in voga raccolgono le passioni della cosiddetta società civile (ma "la storia ci ha più volte insegnato che la libertà, la sicurezza e la pace sono beni indivisibili: se non riusciamo a difenderli per gli altri, li perderemo anche per noi stessi"; Ceccatelli Gurrieri, in "Scuola e società multiculturale"). Sarà forse ora che chi ha cose da dire e strumenti per farlo si faccia avanti, magari anche in sedi diverse da quelle universitarie, perchè in Italia oggi parlare di intercultura è prima di tutto una sfida politica per la difesa della democrazia.

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Conosci l'autore

Vinicio Ongini

1956, Cremona

Vinicio Ongini è autore di saggi e di libri per bambini e ha insegnato per oltre vent'anni. Per i 150 anni dell'Unità d'Italia ha coordinato il programma nazionale per le scuole "In viaggio con le Fiabe italiane di Italo Calvino". Ha lavorato all'ufficio integrazione alunni stranieri del Ministero dell'Istruzione.Tra le sue numerose pubblicazioni: Lo scaffale multiculturale (Mondadori, 2012), Una classe a colori. Manuale per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri (con Claudia Nosenghi - Vallardi, 2009), Le altre Cenerentole. Il giro del mondo in 80 scarpe (con Chiara Carrer - Sinnos 2011), Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale (Laterza, 2011).

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