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Testo molto minuzioso nella descrizione dei personaggi, alcune volte ci si può perdere.
Betty Boop (immagine di copertina) è un personaggio dei cartoni animati lanciato nel 1932. La sua fusione, Betibù, dà il titolo al romanzo ed è il soprannome della protagonista, Nurit Iscar, scrittrice, la "dama nera" della letteratura argentina. E’ ambientato in un’enclave per ricchi, la Maravillosa, quartiere chiuso, controllato da guardiani e severe misure di sicurezza, con campo da golf e splendide dimore. Quivi, nella sua lussuosa villa, Pedro Chazarreta, ricco residente, è trovato con la gola squarciata e un coltello in mano. L’ipotesi di suicidio non convince l’editore di El Tribuno, popolare quotidiano di Buenos Aires, che invia un team di tre investigatori: Nurit, l’anziano Jaime Brena, rimosso dalla cronaca nera, e un giovane assunto in sua vece. Il trio, con sagaci intuizioni e acute osservazioni a turno, scopre che l’omicidio di Chazarreta è collegato a una serie di morti accidentali di altri cinque individui a lui collegati, come risulta da una foto di gioventù che li ritrae assieme. Forse sono “morti accidentali” orchestrate da un misterioso regista che vuole punire crimini di gioventù di questi individui. La trama di questo noir è ben congegnata e il ritmo avvincente, almeno nella parte investigativa. Va detto che la storia del club per ricchi era stata trattata anche nel suo precedente romanzo (Le Vedove del Giovedì, titolo che sottintendeva la poca felicità in simili ambiente seclusi). A questi meriti fanno fronte alcuni difetti: anzitutto una prosa ridondante, che risulta irritante e urticante per il lettore (Tacito e Marziale non sono stati suoi maestri!). Sembra che Piñeiro soffra di verbosità congenita e incontrollabili impulsi a divagare. Il che è di detrimento al buon andamento del racconto. E poi il finale: avvolto nella nebbia, opportunamente colorata di rosa. A un lettore che voglia apprezzare il tutto suggerirei di saltare le prime 100 pagine, un proemio divagante e inconcludente.
Da estimatrice di Claudia Pineiro ho trovato "Betibù" forse il più lento e cadenzato dei suoi gialli; anche questo prende a pretesto una serie di suicidi sospetti per entrare nel vivo della società bene argentina questa volta servendosi di un gruppo investigativo eterogeneo e apparentemente male assortito: una scrittrice, in crisi creativa, e due giornalisti, uno navigato e disilluso, escluso dalla cronaca nera che aveva curato per anni, e l'altro, un giovane rampante, seguace convinto di internet, ma disposto ad apprendere i segreti del mestiere dal collega più anziano. Il trio districa con successo una matassa ingarbugliata legata ad un feroce episodio del passato che accomuna le vittime designate di una implacabile vendetta. Come tutti gli altri romanzi della Pineiro, la vera ricchezza sono il tratteggio accurato dei personaggi, le loro contraddizioni, di una umanità sorprendente e il ritratto spietato della ricca borghesia argentina, la cui perfetta facciata nasconde paure e loschi segreti. Consigliato a chi ama leggere tra le righe.
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