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Non ci interessa dimostrare l’essenzialità dello Stato o del mercato, ma capire come possano interagire per costruire il nostro futuro.
Se fotografo i rapporti che oggi vedo fra lo Stato e l’economia e li confronto con quelli che ho vissuto e che ho contribuito a creare, la differenza che noto è grandissima.
Uno dei protagonisti della storia politica e istituzionale italiana riflette su come oggi – in un mondo indebolito dalle crisi e sollecitato da grandi trasformazioni – sia illusorio pensare che il mercato possa da solo trovare soluzioni. Ma mentre in passato il ritorno allo Stato ha significato debito pubblico, inefficienza e corruzione, oggi lo Stato torna protagonista come investitore nelle imprese della crescita di domani e come Stato «provvidenza», capace di interventi che mai avevamo visto prima. Che cosa ha provocato un mutamento così profondo? È possibile oggi uno Stato promotore, dove l’utilità dell’intervento pubblico possa resistere alle patologie e alle storture che aprirono la strada al neoliberismo?
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