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Il bene ritrovato. Le figlie di Shakespeare dal «King Lear» ai «Romances»
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2005
1 gennaio 2005
266 p., Brossura
9788883199851

Voce della critica

Il saggio si divide in cinque capitoli dedicati rispettivamente a Re Lear , Pericle , Il racconto d'inverno , Cimbelino e La tempesta ; in particolare l'autrice rivolge la sua attenzione alla rappresentazione delle figlie che in questi drammi compaiono e la cui nascita (reale e metaforica) è spesso legata all'immagine della tempesta, secondo un'analogia visiva che può riscontrarsi, ad esempio, nel dipinto della Tempesta di Giorgione (Re Lear quando riconosce il suo errore è sotto un violento nubifragio, Marina, la figlia di Pericle viene partorita su una nave durante una tempesta, e grazie a una tempesta è ritrovata, ecc.).
Il tema della tempesta, via via figura centrale, motore, tropo strutturante (e titolo) dell'ultimo Shakespeare, insieme al tema della riconciliazione filiale con l'elemento femminile (Leonte e Perdita nel Racconto d'inverno , Cimbelino e Imogen in Cymbeline ) sono i due nuclei argomentativi chiamati a garantire l'unità di lettura del testo e a giustificare il passaggio dal Lear ai Romances : seguendo le letture di Melchiori e Serpieri, nell'immagine del vecchio re imbarcato sulla zattera insieme a Cordelia verso la prigione, nella terza scena dell'ultimo atto, l'autrice vede il nucleo germinale dei successivi romances e, in particolare, interpreta il personaggio di Prospero come un Lear più fortunato, ovvero come un re che ha potuto godere per ben dodici anni di quella caritas filiale a questi negata a causa del suo stesso errore di giudizio (giusto a questo proposito il raffronto con l'analogo tema della caritas romana di Rubens e Giulio Romano, o con il particolare della ragazza che allatta l'uomo nelle Sette opere di misericordia di Caravaggio); e se la riconciliazione di Prospero avviene in maniera speculare rispetto a quella di Lear, sul ritrovato valore memoriale della continuità parentale si basano anche le agnizioni di Marina in Pericle , il perdono di Perdita da parte di Leonte e l'eroica resistenza "autonoma" di Imogen, non protetta, come invece avviene a Miranda, da alcuna autorità paterna, da alcun "cerchio magico" che non sia il braccialetto restituito alla fine del dramma.
La stessa riattivazione di codici comunicativi individuali e sociali alla base della riappacificazione con il materno e con la nascita quale "aporia del pensiero maschile" è identificata da Garbero quale cifra distintiva del suo studio che, nel notare come a modulare morte e resurrezione di Ermione abbia concorso il tema religioso della dormitio virginis , fornisce una chiave di lettura per molti versi suggestiva, sebbene resti valido l'avvertimento di Curtius sulla discontinuità fra critica d'arte e critica letteraria, avanzato nel secondo capitolo della sua monumentale opera su letteratura europea e medioevo latino. Unica nota "in minore" è, a tratti, la poca chiarezza dell'argomentazione e l'integrazione non sempre felice con il pensiero filosofico (in particolare con Nietzsche), così come spiace che l'autrice, dopo aver segnalato una poco indagata discontinuità tra Il racconto d'inverno e il Pandolfo di Green, sua fonte, non l'abbia poi approfondito lei, argomentandone le conseguenze in chiave di rappresentazione drammatica. Apprezzabile, diversamente, l'uso particolarmente discreto delle teorie più audaci del neostoricismo e degli studi di genere.

Andrea Amerio

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