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Interessante la vicenda e i risvolti psicologici, ma noioso il modo di raccontare. la figura di Antonio e di Barbara un po' sparite nel contesto.
Antonio è bello. Bellissimo. Talmente bello che basta il suo aspetto a costruirgli intorno una mitologica fama di "sciupafemmine", alimentata anche grazie agli anni dell'Università trascorsi lontano da casa. Gli uomini lo invidiano, il padre si bea della mascolinità che gli ha trasmesso coi geni e della quale ovviamente si sente fautore, le donne lo bramano. E lui sposa Barbara, la fortunata che impalma il preferito da tutte. Giovane, ingenua, non si rende conto che il suo è un matrimonio bianco, suo marito è impotente. A scoperchiare gli altarini una cugina, che apre gli occhi alla sposina e a tutto il paese. Il pettegolezzo vola, ferisce, colpisce. E smonta immagini mantenute per anni su un semplice equivoco, ossia che "l'abito faccia il monaco". Sicilia periodo fascista, la patria guidata da una maschia dittatura, dall'uomo forte che sa cosa è meglio per il popolo. Dittatura debole come tutte le dittature, che mantengono il potere su un'immagine. Tale e quale alla fama di Antonio. Brancati allude e scrive uno dei miei classici preferiti, che un meraviglioso Marcello Mastroianni ha portato sullo schermo, diretto da Mauro Bolognini. Mirabile. Imperdibile.
Un libro molto bello, anche divertente, di cui ho apprezzato la fluente scrittura di Brancati e la sua Sicilia di quegli anni, curiosa e crudele al tempo stesso, in cui ho praticamente vissuto durante la piacevole lettura. Tutti i personaggi sono perfettamente delineati nei loro caratteri ed i dialoghi sempre minuziosamente curati e molto interessanti; Antonio, il bell'Antonio, passivo protagonista, tutto sommato non mi è dispiaciuto, anche se le figure del Signor Alfio e Zio Ermenegildo sono di tutt'altro spessore e riempiono da soli la scena.
Recensioni
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