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Della storia colpiscono l'abilità dell'autore nel tirare le fila della trama, la necessità delle immagini cruente e l'atmosfera sospesa del mondo arcaico raccontato. La lettura fa immergere nelle radici antropologiche della Sardegna più profonda e diventa perciò sempre più piacevole. Trovo solo meno interessante il personaggio del giovane Checcu e difficoltoso l'uso del glossario in fondo al libro, che distrae dalla lettura e tra l'altro tralascia di tradurre diverse parole.
Il libro sa trasmettere con la scrittura l'atmosfera e la cultura di una terra. L'antefatto al racconto che Licurgo Caminera trasmetterà ai figli - in pratica la sua stessa morte - è composto da pagine davvero stupende. Forse il legame con il racconto che ne segue è un po' generico - li tiene insieme la terra di appartenenza e l'eredità che ogni vita trasmette dopo la morte. Nell'insieme: una bella scoperta per me questo autore, e un bel libro.
Il libro ci propone i colori, gli odori e i rumori di una Sardegna arcaica e tradizionalista. E' una " fiaba" legata ad un bastone che dà a chi lo detiene la buona morte, ma soprattutto la perigliosa facoltà di conquistare potere e ricchezze.. Da leggere
Recensioni
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Sul letto di morte Licurgo Caminera, il centenario patriarca di Suriache, chiama al suo capezzale i suoi figli e il suo cane Melampu. Le forze gli mancano e la calura lo opprime, ma è arrivato il momento di lasciare loro la sua eredità. Ulisse, Achille, Ercole, Penelope, Elena e Antigone, gli unici sei sopravvissuti di dodici figli, accorrono subito insieme a una folla di altri parenti, per ricevere le indicazioni del contadino barbaricino, umile eppure colto, invecchiato nutrendosi di pane, formaggio e libri. Secondo le sue ultime volontà, il vecchio padre vuole essere seppellito nella parte più soleggiata del cimitero, vicino a sua moglie Carmelina, e vuole portare con sé nella tomba una copia dell'Iliade, una dell'Odissea e una di Mentre morivo di Faulkner. Mentre assapora l'ultima goccia di acquavite, consegna ai suoi figli il solo tesoro che sia riuscito ad accumulare negli anni. Non si tratta di soldi o altre ricchezze, ma di un romanzo. Ogni capitolo è stato inserito in sei buste color miele e ogni busta viene consegnata a ognuno dei suoi figli che, per conoscere l'intera vicenda, dovranno riunirsi dopo la sua morte e leggere l'un l'altro il proprio frammento di storia. è così che il vecchio Licurgo vuole essere commemorato. Le sue ultime parole sono "A voi scoprire, col tempo, l'importanza di tenervi sempre uniti come frammenti della storia che leggerete. In punto di morte vi domando di passarvi di padre in figlio queste pagine, di conservarle come reliquie e gustarle come il pane e l'acqua quando si ha veramente fame. L'uomo se non legge non è un uomo, è un caprone
".
Chi conosce Salvatore Niffoi, e negli anni ha imparato ad apprezzarne la scrittura ruvida, ostica, profondamente evocativa, sa che già nel prologo di questo nuovo romanzo è contenuto tutto il suo universo letterario. Soprattutto l'amore per la mitologia greca e la sua oralità, un elemento che ritrova nella cultura della sua isola, dove le storie si tramandano di bocca in bocca e dove nella memoria di ogni famiglia esiste un patriarca, aedo e cantore. E così Niffoi trasforma la sofferenza, l'eroismo, la pena e l'orgoglio, la guerra e la tristezza del popolo sardo, "istruiti dalla durezza della vita alla cortesia della cultura", in un epico romanzo corale.
L'eredità che Licurgo decide di lasciare ai suoi figli è la storia del Bastone dei Miracoli, un oggetto mitologico che ha il potere di dare a chi lo possiede una vita agiata e una buona morte. Circondato da un'aura sinistra, questo bastone è considerato il simbolo del potere in cielo e in terra, per lui sono state "profanate tombe, perse tanche", si è "giurato il falso, sparso sangue".
Finché arriva, con la frode e la violenza, nelle mani di Paulu Anzones, detto Muscadellu. La lunga e avventurosa epopea di questo ambiguo personaggio e della sua famiglia, che attraversa la storia della Sardegna dalla Grande Guerra fino al presente, si frammenta nei sei capitoli di questo romanzo. Si tratta della vita di un uomo arrivista che costruisce tutta la sua fortuna sulla miseria altrui e che ostenta una ricchezza conquistata con la forza. La parabola che Niffoi affida alle parole di Licurgo è quella del nuovo ordine che prevale sulla tradizione, ma che a sua volta è destinato a perire. Sarà proprio Chiccu, il figlio di Muscadello, giovane studente, a rimediare ai torti commessi da suo padre.
Una rivoluzione culturale con funzione escatologica, una lezione di morte e di vita, in un romanzo che ha tutta l'ambizione di far fruttare il dolore e trasformarlo in speranza.
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