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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2014
«La prima regola del Bar della Pinna è: se una storia è raccontata bene, è vera.»
Bar Sport riapre i battenti, ma non è più quello di una volta. I vecchi volti si sono mescolati a facce nuove: avventori e avventurieri, mostri e mostriciattoli di un'altra Italia. Nel Bar Fico vengono esposte solo brioche invisibili a occhio nudo da scegliere col microscopio; nessun cliente mostra più un colorito naturale: solo visi abbronzatissimi, nelle più varie tonalità che vanno dall'albicocca al vitel tonné; ovunque squillano i cellulari, rombano i motori e i banconi sono preda ghiotta del delirio stilistico dei designer. Sopravvivono però ancora le maniere ruvide dei baristi all'antica, i cocktail assassini, le toilette irraggiungibili, la minacciosa torta Palugona. E fra un mondo e l'altro si snodano le molte storie da bar: quella del sassofonista cieco Elmo Buenavista innamorato della bella Sweet Misery; quella della video-battaglia di nonno Amedeo contro il Booz; quella di Gaetano mai apparso in televisione; e poi ancora quella del piccolo krapfen di Schwartzbruck Franz, dei tre strani Re Magi e di Capitan Carabus... In Bar Sport Duemila c'è posto per tutti. Cosa aspettate a entrare?
Indice
PSICOPATOLOGIA DEL BANCONE DA BAR
Il monolito
Il superaccessoriato
Il Transilvania superstar
Il girotondo della morte
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Uno dei libri più brutti da me letti ultimamente e non passatemi il concetto del risvolto sociologico alla base dei racconti. Sono solo brutti!
"Bar Sport Duemila" è sicuramente di un livello inferiore rispetto a "Bar Sport" del lontano 1976, ma di certo anche lo stesso Benni ne sarà stato consapevole; tuttavia penso che i relatori delle critiche negative non abbiano capito quello che è - secondo me - la filosofia profonda di questa raccolta di racconti: la critica della società italiana odierna venutasi a formare nel corso dell'ultimo scorcio del XIX secolo e del nuovo millennio, fatta di inutili frivolezze e di un ostentato consumismo che ha reso le persone meno genuine e più attente alle apparenze che alla sostanza umana. Però il nostro Benni non è del tutto così pessimista: molti italiani saranno diventati fighetti e sofisticati all'inverosimile, eppure nella nostra bella Italia sono rimasti ancora qua è là i vari Bar Pesi e i Bar Dam da Bevar, dove si respira ancora una certa semplicità e goliardia. Forse basta non arrendersi all'attuale stato delle cose e saper cercare bene.
Torna l'esilarante cronaca dei Bar Sport, ma in chiave moderna, aggiornata agli anni duemila. Libro leggero e di facile lettura, alcuni capitoli ti portano proprio a pensare "ah ma è proprio così", "ma quel personaggio è paragonabile a..", tremendamente realistico.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un po' per ridere e un po' per riflettere sulla società, con la sua evoluzione, i suoi nuovi tic e le manie, in un'Italia che sta viaggiando verso il Duemila. A distanza di vent'anni dal celeberrimo "Bar Sport".
Il primo impatto con il libro è di assoluta comicità. Una presa in giro della nuova moda, nei bar più raffinati come in quelli sperduti e periferici, che vuole, per essere nel giusto "trend", l'inserimento di banconi giganteschi, imprevedibili, dalle forme più avveniristiche. Si tratta di una sindrome che Benni definisce "sindrome del bancone" o megalobancomania. Da questo dato di fatto parte con un'esilarante descrizione di alcuni tipi di banconi, sempre meno razionali e sempre più "spaziali". Dietro questi assurdi banconi compaiono i clienti: l'incazzato da bar, con cui il dialogo è difficilissimo perché su nulla sarà mai d'accordo; l'appassionato di videogame, un pensionato pronto a tutto pur di arrivare alla fine del gioco; le vecchiette nell'angolino, che conoscono ogni malattia, con i più infausti decorsi, e diagnosticano a prima vista ogni sindrome degli altri malcapitati clienti; i due che devono andare al cinema, ma regolarmente per i motivi più disparati non riescono a stabilire un film che interessi entrambi; il neotecnico da bar, un esperto "computerizzato e satellitare" di calcio; l'Uomo Invisibile al Barista (UIB) che in qualsiasi modo cerchi di richiamare l'attenzione sulla sua ordinazione non sarà mai servito e l'Uomo Col Vocione (UCV), che non deve nemmeno fare lo scontrino alla cassa per ottenere ciò che desidera; il DDT ovvero Drogato Da Telefonino, che se il cellulare trilla mentre sta bevendo un cappuccio "continua a bere con la destra e risponde con la sinistra, oppure intinge il cellulare nella tazza e si attacca una brioche all'orecchio"; gli atleti, che vedono il bar come "centro di smistamento di tutta una serie di attività sportive contrassegnate dall'abbigliamento specializzato e da un'assoluta dedizione"...
E tra questi e altri personaggi (minori ma non marginali) come un gruppo di insetti, che tenta di sopravvivere tra contenitori di zucchero, frigoriferi, baristi e avventori, o una coppia di anziani dirimpettai poverissimi che finalmente pranzano insieme (ma sull'esito di questo pranzo Benni ci lascia varie possibilità di scelta...), si dipanano le brevi storie che l'autore racconta: un seguito ideale del notissimo "Bar Sport", pubblicato nel 1976. Fino all'ultimo episodio, intitolato "Il bar di una stazione qualunque", la cui amarezza e drammaticità capiamo solo nell'ultimissima frase ipoteticamente scritta da un anziano su un quaderno all'uscita dal bar: "Oggi, stazione di Bologna, due agosto di un anno vicino al duemila, ore dieci e venti del mattino, tutti sono allegri perché partono, e faccio finta di partire anch'io."
A cura di Wuz.it
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