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L’autore ha saputo rendere con delicatezza e sincerità il turbine di sentimenti contrastanti che lo hanno accompagnato durante una lunga permanenza a Nairobi finalizzata all’adozione di un bambino. Ha anche offerto al lettore uno spaccato di un mondo, quello del Kenya delle adozioni e degli orfanotrofi, ignoto a tutti coloro che non vi ci sono immersi. Quindi il libro è anche un ottimo pezzo di giornalismo, oltre che un profondo memoir e un romanzo a tratti trascinante. Chi legge prova una crescente simpatia per quel bambino nero che l’autore ha imparato ad amare attraverso un difficile percorso. La scrittura è fluida e le oltre 300 pagine scorrono veloci per l’interesse e le emozioni che il racconto suscita.
Questo libro mi è piaciuto molto! L’autore, con uno stile ‘impressionistico’, ci regala i suoi ricordi accompagnandoci in un percorso che va bene al di là del tema specifico: l’esperienza lunga, complessa e spesso travagliata di un’adozione internazionale. Lo sguardo è lieve. È quello degli eventi ormai metabolizzati. E tuttavia penetrante: il lettore difficilmente può sottrarsi ad interrogativi profondi che riguardano il proprio modo di esprimere e vivere la genitorialità, naturale o adottiva. La rappresentazione della realtà africana (in questo caso quella del Kenya) è fin troppo realistica: gli africani sembrano intrappolati fra passato e presente, due realtà che per la gente comune risultano ancora inconciliabili, in una povertà pervasiva e paralizzante. Un libro che fa pensare, ma di piacevole lettura: io l’ho ‘divorato’ in tre giorni!
Ho appena letto le prime 50 righe de "Il Bambino Promesso" e già amo questo libro.
Recensioni
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