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Una donna di mezza età. Sposata, due figli, ex insegnante di letteratura. Suo marito aveva un ottimo posto di lavoro in un Ministero. Poi è successo qualcosa. Una catastrofe. Una catastrofe economica. Che ha portato, come dice la protagonista, a una nuova età primitiva. Una catastrofe che ha coinvolto non la famiglia della protagonista o una particolare fascia sociale, ma un intero Paese. Ci sono un mucchio di film e romanzi che partono da un evento catastrofico e poi ci fanno seguire i personaggi che si dibattono fra le conseguenze di questo evento. La premessa "fuori campo" della "Badante di Bucarest" è una parola che nel libro non viene mai impiegata ma che abbiamo nelle orecchie, di continuo, da diversi mesi: default. Insolvenza. Fallimento. La nostra protagonista si chiama Maria, Enzo è il marito, la figlia Irene, il figlio Carlino. Vivono a Roma. Il default è stato quello dell'Italia. È il nostro Paese ad essere fallito. Maria parte dall'Italia verso la Romana per fare da badante a un vecchio, perché ora sono i rumeni a essere benestanti. Se la fantascienza è science-fiction il libro di Gianni Caria, fra le altre cose, potrebbe appartenere al genere economy-fiction: ciò che è capitato a Maria potrebbe capitare anche a me, a voi, a tutti noi. "Mettersi nei panni di Maria" equivale a finire in quelli delle badanti che conosco vedo ai giardini. È in gioco il mio essere qui e ora: quello che è un espediente tecnico diventa contenuto. "Noi tutti umiliamo gli altri perché sappiamo che sono uguali a noi e abbiamo paura di diventare come loro. Le umiliazioni che infliggiamo scacciano ciò che non vogliamo essere". Infine: finalmente uno scrittore sardo che invece di guardare affascinato il proprio ombelico lancia uno sguardo sul mondo attorno a sé!
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