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Gabriele è un giovane di trent’anni, ha un buon lavoro e tante, tante ragazze.
Invita Linda alla Scala a sentire Il Don Giovanni di Mozart per il suo compleanno, Linda, «così delicata. Ama la musica e il pianoforte, si commuove per la zia», che «non sa, molto meglio che non sappia, che lui è un collezionista di donne».
Gabriele «non sa spiegarsi perché le ragazze e anche le donne più grandi si sentano così attratte da lui. Gli basta poco. Le cerca un po’, sa che vogliono essere corteggiate, Qualche uscita, un regalo, e loro ci stanno. A volte non fa nemmeno in tempo a corteggiarle che se le trova già spettinate nel letto».
La serata con Linda però si conclude in maniera molto diversa rispetto a come se l’erano immaginata: ci «sono macchie di sangue sul vestito di lamé. Rosso che brilla sul vestito di luce. Il dolore pulsante sotto l’occhio destro». Gabriele inizia a chiedersi cosa gli stia succedendo, rivede le macchie di sangue, il viso di Linda, nella sua testa rimbomba il Don Giovanni. C’è solo una cosa da fare, una sola risposta alle sue domande: partire e cercare, scoprire chi era questo Don Giovanni, l’uomo che si faceva beffa delle donne; andare a Siviglia.
Così inizia il viaggio di Gabriele alla ricerca dell’uomo che collezionava le donne, El burlador de Sevilla, per capirne il mistero, la maledizione, per comprendere se la sua fosse una sfida a Dio, o un morso ben più grande, una ferita e un bisogno d’amore infiniti e così insoddisfacibili da ricercarne continuamente e ancora, ancora…
A cosa pensa un don Giovanni? Solo alla piacevolezza? A conquistare? Cosa vive? Un amore, una burla eterna ed infinita, oppure qualcos’altro? Insomma, cosa c’è davvero in questa storia?
«Ma l’inganno in cui trai le migliori ragazze, e la disperazione in cui le lasci, non ti tormentano?». Miguel si sollevò dalla seduta un po’ infossata in cui il vino e il torpore della lunga festa lo avevano ridotto. Il suo servo, un gitano basso e taciturno, con gli occhi sottili, gli versò altro liquido color rubino nel bicchiere. Un lampo strano attraversò lo sguardo di Miguel. Sollevò con due dita il viso della ragazza verso il suo interlocutore. «Da quanto, mio benedetto don Vincente, non frequentate una di queste adorabili e imprendibili creature? Crede davvero che si facciano ingannare da me? Non vedete cosa hanno negli occhi, così verdi e furiosi? Qui c’è qualcosa che divora ogni inganno e si nutre di ogni disperazione. Una foresta in cui sia io che lei, mio caro prudente don Vincente, non possiamo che addentrarci e perderci. Non le abbandono, mi perdo in loro… E la disperazione, se davvero la conoscono, dev’essere una vena di colore più intenso nelle loro pupille da felino. Voi pensate che io sia un fedifrago, uno che si approfitta delle donne, e può essere, chi sa davvero la verità?, ma in realtà siete voi a sottostimarle, a crederle un giocattolo nelle mie mani. Forse dovreste preoccuparvi della mia disperazione, non della loro!».
Le storie di Gabriele e di Miguel Mañara si intrecciano, si accompagnano, si inseguono; tutto per indagare a fondo il mistero più grande della vita: l’amore.
Con Il bacio di Siviglia. Miguel Mañara, l’uomo che fu Don Giovanni, Davide Rondoni inaugura la nuova collana Vite esagerate di San Paolo Edizioni.
Ancora una volta, Rondoni sorprende il lettore con questo romanzo bello e coinvolgente, dal retrogusto dolce e amaro, che scuote, incuriosisce, interroga duramente e ancora una volta va alla ricerca, senza troppi fronzoli e lavorii cerebrali, di quello che è il senso più profondo dell’amore.
Recensione di Stella N’Djoku.
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