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2011 - Festa del cinema di Roma Miglior attrice Rapace Noomi
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La vita di una donna, Noomi Rapace, molto apprensiva ed iperprotettiva, nei confronti del figlio. Questo suo comportamento però è giustificato dal divorzio del marito e padre violento. Allontanandosi dalla loro città, dovranno ricominciare da zero, dalla scuola per il bambino e dalle amicizie della madre. L’ossessione della madre la costringono a controllare il bambino giorno e notte tramite babycall, ma con alcune interferenze scopre per caso che succede qualcosa di strano nella loro nuova abitazione.
Film un po' 'buio' ma ben realizzato
Dopo aver interpretato la cyber punk Lisbeth nella (spettacolare) trilogia "Millenium" l'attrice Noomi Rapace porta con sé un'aura di inquietudine. Il suo personaggio, smanioso di controllare tutto, non sorride mai, vive nell'ombra e si dedica costantemente a salvaguardare un apparente equilibrio mentale, ormai reso troppo precario da un passato di violenze e soprusi. Pål Sletaune sembra aver scelto la Rapace che, per questo ruolo ha vinto il premio come miglior attrice al Festival Internazionale del Film di Roma 2011, proprio perché la sua filmografia è connotata da numerosi ruoli che la vedono come eroina costretta a sopravvivere al buio per poter rimuovere gli inganni del passato. La presenza della Rapace rende così il film credibile e convincente, anche se la vicenda, mano a mano che il film prende corpo, perde la forza narrativa delle prime sequenze iniziali. Sono svariati i temi che ruotano attorno alla figura vulnerabile della protagonista: la violenza infantile, l'ansia del controllo, la mancanza di fiducia verso il prossimo intesa come patologia sociale. Mentre Anna cerca di vivere un'esistenza normale tutto ciò che la circonda sembra far parte di un piano per dirle di stare attenta, di agire con cautela per trattenere gli slanci vitali. La sceneggiatura riesce a mantenere un buon ritmo, grazie anche ad un'equilibrata alternanza di chiaro e scuro che supporta i momenti di tensione e fa salire la tensione al punto da disorientare anche lo spettatore più attento. Babycall intrattiene e tocca, senza però andare molto in profondità, alcune tematiche difficili da rendere sul grande schermo; riesce così ad essere allo stesso tempo, un buon thriller e una rappresentazione del grigiore sociale di molte periferie metropolitane.
Recensioni
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