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Una struttura circolare e postmoderna, quella dell'ultimo romanzo di Dubravka Ugreić tradotto in italiano. La scrittrice croata, residente ormai da anni ad Amsterdam dopo aver spezzato ogni legame intellettuale con la madrepatria, si diverte a mescolare avvenimenti realistici e surreali, fino a risolverli nell'ultima parte del testo. Tre donne sono le protagoniste del primo capitolo: la narratrice (l'autrice stessa?) si reca a Varna sulle orme della gioventù della madre malata di Alzheimer, accompagnata da una giovane ricercatrice di folklore balcanico; così come tre donne sono le protagoniste della parte centrale del libro: Pupa, che garantisce la continuità con le avventure raccontate in precedenza, Beba e Kuklastravolgono la tranquilla monotonia del Grand Hotel ceco dove vanno a villeggiare. Le tre terribili vecchiette trovano sponda nella figura straordinariamente vitale di Mevludin, massaggiatore per necessità presso la stazione termale dell'albergo. Tipico prodotto della ex Jugoslavia ("Io sono come la ex Jugo, come la pentolata bosniaca, c'è di tutto un po'. Il papà è bosniaco, la mamma mezza croata, mezza slovena. Ma in famiglia c'era di tutto, montenegrini, serbi, macedoni, cechi
una nonna era ceca"), Mevludin affronta il paradossale destino di essere spacciato ai turisti con il nome di Solimano, di essere travestito da turco, ovvero come i conquistatori di sempre. Una granata, durante la guerra, gli ha causato una straordinaria alterazione fisica: "Mi è successo dopo l'esplosione. È esplosa una granata serba, fottuti loro e tutti quelli come loro, e da quando è esplosa sta sempre dritto. I miei amici bosniaci mi prendevano in giro, eh Mevlo, dicevano, tu sì che ci hai guadagnato, con la guerra! Non solo ti sei salvato il collo ma c'hai rimediato pure un arnese come un fucile. Io, uno che ci ha guadagnato con la guerra?! Un invalido di guerra, ecco cosa sono!". L'uomo cederà all'ennesima lusinga di un lavoro incentrato sulla sua specifica condizione soltanto per amore, mentre le tre anziane signore dipaneranno i fili delle proprie storie passate.
Il terzo capitolo, eccezionale tanto dal punto di vista letterario quanto da quello scientifico per chi si interessi di fiabe e mitologia femminile, reinterpreta gli eventi alla luce delle caratteristiche della Baba Jaga e della sua presenza nel testo. Del resto, l'autrice presenta questa parte come se a scriverla fosse la stessa Aba Bagay (Yaga Baba leggendo il nome al contrario), massima esperta nel campo. Baba Jaga, strega classica della mitologia slava, incline al bene o al suo contrario a seconda dei casi, non è un semplice elemento nell'interpretazione della struttura delle fiabe come per Vladimir Propp, ma è l'elemento su cui incentrare l'analisi del proprio racconto e della società attuale per Dubravka Ugreić. Ne vengono fuori dei passaggi di straordinario approfondimento sociologico.
Un'ultima nota di merito va alla casa editrice Nottetempo, che ancora una volta mette il pubblico italiano a confronto con una delle realtà letterarie slave al livello più alto. Alessandro Ajres
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