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Le vicende di Aymé Leboeuf fuggono dalla Parigi libertina, alla Firenze delle cospirazioni, alla Venezia galante, alla Germania del rigido ordine feudale: giovinetto efebico amato dalle dame; giovane avventuriero rotto a ogni frode; adulto mago e impostore; fino all'ultima fuga, di cui però le sue Avventure lasciano l'esito in sospeso.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In poche pagine si consolidano le avventure del protagonista, sempre al centro di intricate situazioni, da lui di volta in volta amabilmente sopportate e trasformate in soluzioni positive, pur uscendo spesso da vicoli quasi ciechi. Peccato che sul più bello la narrazione si arresti, lasciandoci in attesa di conoscerne l’epilogo, se mai ce ne fosse uno.
Recensioni
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scheda di Niero, A., L'Indice 1994, n.11
Mirando a ridestare l'atmosfera - anzi, l'"atmosfericità" - del Settecento francese il poeta e narratore Kuzmin scrive, agli inizi del Novecento, "Le avventure di Aimé Leboeuf", romanzo nello stile di quelli libertini del XVIII secolo. La sua operazione è sostanzialmente stilistica (e denota grande capacità mimetica), ma anche divertita perché gli consente di giocare con le peripezie indotte dal caso. È infatti in balia di quest'ultimo il protagonista, Aimé Leboeuf, giovinetto pronto alle occasioni della vita, in sintonia con le loro lusinghe e seduzioni: il gentil sesso (madame de Tombelle), l'amore omosessuale per l'amico Franèois, i viaggi in Francia, Italia e Germania, la negromanzia di tale Ambrogio Pietro Geronimo Scalzarocca, e via proseguendo in una carrellata variopinta di figure sapidamente tratteggiate. I personaggi si scalzano vicendevolmente, incapaci di occupare un posto fisso nell'animo leggero di Aimé, che svolazza di avventura in avventura con un ritmo inaudito. Se la velocità di successione degli eventi è già indizio della dimensione sottilmente ludica del romanzo, la vena parodistica si rivela attraverso alcuni dettagli: per esempio, quando Aimé indugia poco virilmente su un ponte, incerto se convenga suicidarsi con un tuffo o aspettare il giorno per impiccarsi "quando tutto era più allegro". E allora si intuisce che lo scrittore ha consapevolmente e abilmente spruzzato d'ironia il romanzo; che le avventure potrebbero susseguirsi all'infinito e il protagonista restare "candido"; che, infine, la godibilità della narrazione ne esce rafforzata.
Le vicende di Aymé Leboeuf fuggono dalla Parigi libertina, alla Firenze delle cospirazioni, alla Venezia galante, alla Germania del rigido ordine feudale: giovinetto efebico amato dalle dame; giovane avventuriero rotto a ogni frode; adulto mago e impostore; fino all'ultima fuga, di cui però le sue Avventure lasciano l'esito in sospeso.
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