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Anno edizione: 2012
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Un'analisi direi completa sulla fiducia, affrontata in ogni sua fattispecie. A partire dal punto di vista economico per finire a quello più strettamente relazionale. La Marzano prende spunto dalla nostra società della sfiducia, il cui acuirsi è stato causato dalla crisi economica degli ultimi anni, per riflettere sul concetto di fiducia e su come si può ancora mettere in pratica questa sorta di esercizio dell'agire umano e del suo relazionarsi con il prossimo. Contrariamente a quanto hanno voluto farci credere negli ultimi 40 anni di teorie neoliberiste, il futuro non è nel capitalismo egoista, ma nella cooperazione basata sulla fiducia reciproca tra esseri umani.
Recensioni
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Michela Marzano affida a una storiella ebraica il compito di aprire la sua riflessione a proposito dello spazio che la società contemporanea è disposta a concedere alla fiducia.
Nell’apologo, un ragazzo viene invitato dal padre a gettarsi da una finestra, e di fronte alla sua perplessità lamenta la sfiducia che il figlio sta mostrando nei suoi confronti.
“Come? Non mi credi?”, il genitore apostrofa offeso il ragazzo; e quello si butta senza ulteriori esitazioni.
Si farà male, com’era facile immaginare, e la minimissima moralia di questa storia, riassunta efficacemente dallo stesso padre nel severo monito che rivolge al figlio acciaccato e amareggiato, è “Hai visto? Non devi fidarti mai di nessuno, fosse anche tuo padre!”.
Non molto edificante, forse; ma certamente utile ad introdurre uno dei temi rimossi dal dibattito contemporaneo, e non solo da quello filosofico. Cos’è diventata la fiducia?
Lo stato di salute del concetto di fiducia, si potrebbe dire, è termometro eloquente della temperatura civile di qualsiasi società, perché attraverso quel setaccio, apparentemente stretto, in realtà passa moltissimo: a cominciare dalla gratuità che ogni vera fiducia comporta e riassume.
O – per dirla con un linguaggio più conforme alla matrice economica che oramai ha surrogato l’etimologia autentica di “confidare” (“Cum” e “fidere”, cioè affidare a qualcuno qualcosa di prezioso) - la fiducia è un investimento a fondo perduto.
Vi viene in mente qualcosa di più tremendamente inattuale, e al contempo più assolutamente, definitivamente esatto nel dire qualcosa sui tempi in cui viviamo?
Marzano ripercorre gli inciampi che progressivamente hanno portato filosofia ed economia ad allearsi in una ridefinizione al ribasso di quello che fu (e continuerebbe ad essere, se solo gliene venisse data la possibilità) un indispensabile cemento fra le genti, e mattone fondativo dell’idea stessa di consorzio fra gli uomini.
Un’identificazione impropria di “fiducia” con “credito” è degenerata fino a rivestire la prima delle proprietà intrinseche al secondo: così, allo stesso modo in cui un credito può essere riscosso, dilazionato, risolto o disatteso, anche la fiducia ha finito per assumere – per così dire – quelle peculiarità, ed andare soggetta alle stesse norme che regolano i rapporti economici.
Abbiamo abbassato la guardia, almeno dai tempi in cui John Law dichiarò con chiaroveggente hybris l’avvento di un sistema in cui la moneta di "vile metallo" sarebbe stata rimpiazzata da pezzi di carta.
“Venite nel regno dell’immaginazione e vi prometto ricchezze sbalorditive”.
E di che cosa, esattamente, c’è bisogno di avere riserve inesauribili, per poter attribuire a foglietti colorati tutto lo sbalorditivo valore che noi oggi siamo dispostissimi ad attribuire loro?
Risposta esatta! c'è bisogno di fiducia.
Ma quella nella finanza è una fiducia mal riposta, come - ad esempio - le vicende recenti delle agenzie di rating con le loro triple A stanno a dimostrare.
Il libro di Michela Marzano parte come frenato, limitato nella forza del discorso da una certa captatio benevolentiae nei confronti del lettore: vuole convincere dell'importanza di questo tema (al quale, infatti, aveva dedicato un altro libro nel 2011). Ma la forza del libro cresce man mano che ci spingiamo addentro le sue argomentazioni, che sono tante, ricche di spunti e sempre pertinenti: dalla teoria dei giochi (con il dilemma dei due prigionieri preso a vessillo dell'opportunità di avere fiducia nell'altro) agli indispensabili rimandi alla tradizione sapienziale e alla classicità, scopriremo che credere negli altri non solo è opportuno: è necessario.
A cura di Wuz.it
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