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Un interessante libro a metà strada tra il pamphlet, un trattato di sociologia urbana e una pubblicazione tecnica tranviaria, che ruota attorno alla passione per il tram, uno strumento in grado di far risorgere la Città Eterna. Pamphlet e trattato di sociologia perché Walter Tocci, già assessore alla mobilità sotto la giunta Rutelli, racconta sulle pagine di questo libro quali sono le caratteristiche che fanno di una città un luogo vivibile, di aggregazione umana e cosa invece non si è fatto a Roma perché ciò avvenisse, a cominciare proprio dalla politica edilizia e del trasporto pubblico. Decenni di incuria, mentalità provinciale e spirito di parte hanno bloccato qualsiasi politica riformatrice. Domitilla Moranti ed Italo Insolera hanno, invece, descritto i progetti delle nuove linee tranviarie che potrebbero dotare la città di una rete in grado di rendere la città “accessibile” ai sui abitanti ed contemporaneamente ridurre l’inquinamento ed il traffico di Roma. Progetti interessanti, forse non tutti veramente realizzabili, ma sono decenni che nessuno si degna di fare un piano complessivo del trasporto pubblico tramviaro della capitale. Un libro retrospettiva che mi fa fatto venire un nodo in gola, perché la città ha perso l’ennesima occasione per avere un buona rete di trasporto pubblico, una qualità della vita migliore e se devo proprio muovere una critica agli autori del libro (e di riflesso alla passate giunte) è quella di non aver avuto abbastanza coraggio per portare avanti un simile progetto. Fare politica è, infatti, avere il coraggio di sfidare l’impopolarità di oggi per conquistare la popolarità di domani. Una mancanza che, ad onor del vero, accomuna tutti i nostri politici, ostaggi dei sondaggi.
Recensioni
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Chi si ricorda della "cura del ferro" di Roma degli anni novanta? Si trattò di un programma di rilancio del trasporto su rotaia, sia tranviario sia ferroviario, attivato dalle amministrazioni capitoline con a sindaco Rutelli e, come assessore alla mobilità e vicesindaco, Walter Tocci.
Proprio Tocci, insieme ai suoi consulenti del tempo, del calibro di Italo Insolera (e Domitilla Morandi), ritornano sull'argomento proponendoci una riflessione, anche autocritica, su tale stagione.
Bella narrativa, citazioni colte, non esibite ma meditate, che restituiscono la passione e le logiche del progetto, anche a costo di creare un alone epico intorno al tram. Se al lettore venisse infatti chiesto di re-intitolare il libro, forse proporrebbe "Apologia del tram". Che il tram sia cosa buona e giusta, in un'epoca di inquinamento, guerre per l'energia e traffico congestionato, va da sé: ma il testo tende ad attribuire alla tranvia un ruolo quasi messianico, candidandola a obiettivi che sembrano inarrivabili. E pur vero che il tram si pone a metà fra metropolitana e autobus (nonché contro l'automobile), in grado cioè di ricostituire una relazione tra gli abitanti e lo spazio urbano, una liaison, quella tra cittadini e urbe, che oggi, noi tutti bloccati quotidianamente nel chiuso dell'autovettura, raramente abbiamo.
Perché un altro titolo del libro potrebbe essere "Quanto è difficile fare in Italia scelte che sembrano straordinarie e che altrove sarebbe normalissime", come appunto rilanciare il trasporto pubblico di massa nelle città. E, infatti, la comparazione tra Parigi e Roma viene limitata, compassionevolmente, alla questione tranviaria; ogni altro paragone darebbe il senso della povertà del sistema pubblico capitolino (ma anche di quello di Milano, Torino ecc.). Insomma, Tocci dovette lottare per riportare il tram al centro della scena, combattendo una battaglia infinita contro la logica che "non ci sono abbastanza strade per le automobili". L'idea che, piuttosto, "ci siano troppe automobili per le nostre strade" non sembra appartenere agli italiani. Così, anche se non mancano nel testo vecchi stereotipi contro l'automobile, ci si può spiegare la fine della pur prestigiosa e ramificata rete tranviaria al suo apogeo negli anni venti, il taglio degli alberi nei viali della Capitale, la progressiva conquista dello spazio pubblico ‒ di tutto lo spazio pubblico ‒ da parte dell'automobile.
Il testo non si limita però a ricordare i successi e ritornare sugli errori di quella stagione. Descrive anche i limiti della politica nel compiere scelte sul corpo sociale e collettivo; ma spinge anche a meditare le linee di fondo della cultura urbanistica, per decenni legata allo strumento di controllo del piano regolatore e poi ripensatasi in termini trasportistici per cercare in altro modo di controllare l'edilizia della città.
Una piccola chiosa: perché un libro così denso e ricco di richiami non ha un indice dei nomi?
Massimo Moraglio
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