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Vittorio Strada ha il merito di essere una persona lineare, che ha sempre scritto in modo comprensibile e sincero sui temi a lui più cari: la cultura e la storia russa e sovietica, l'impianto ideologico del marxismo sovietico, la diretta filiazione del partito comunista italiano dagli avvenimenti dell'Ottobre rosso. In Strada non vi è il minimo romanticismo, nemmeno rispetto alla sua storia privata e giovanile, alla sua militanza nel Pci fino al 1981, terminata senza rancori e senza enfasi, e al suo tardivo approccio agli spezzati filoni democratico liberali, cattolico liberali, liberalsocialisti in cui da oltre vent'anni si riconosce. E' stato il vero anatomopatologo del comunismo, l'autentico esperto dell'immondo magma orwelliano realizzato sul suolo russo, il decifratore della lingua di legno che abbiamo sentito risuonare per decenni in prossimità dei comunisti di ogni dove, la persona a cui si ricorreva più spesso per un aggiornamento puntuale su una grande cultura e una tragica storia. Francamente non si comprende dove risieda il momento autocritico, considerata la linearità di tutto l'autoritratto: probabilmente vuole fare il verso ad una consolidata prassi dei comunisti - l'autocritica - che sostituì per oltre settant'anni la confessione dei peccati del cristiano, ma non la confessione dei crimini immaginari e inventati di sana pianta di fronte ai carnefici della Ceka, poi Nkvd, poi Kgb. Prosit !
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