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Commedia basata sulla figura del vecchio avaro che vive nella paura di perdere i propri averi tanto da diventare molto sospettoso di tutti. Lo svolgimento è reso brillante dall'abilità di Plauto che sa creare sempre situazioni varie ed inaspettate dalle quali scaturiscono genuino divertimento ma anche profonda riflessione.
Si tratta di una delle più belle commedie di Plauto e contiene uno dei personaggi tipici del teatro plautino, ossia la figura dell’avaro che vive nel perenne terrone di vedersi sottratta la sua pentola d’oro. E’ un testo brillante e divertente, basato molto sull’equivoco come quando avviene uno scambio di riferimenti fra la pentola e la ragazza regalando risate senza fine al pubblico presente. Testo che non può mancare in una biblioteca!
Il vecchio Euclione ha scoperto sotto terra nella sua abitazione una pentola piena d'oro, e vive nel costante terrore che gli venga sottratta. Sospetta di tutti, della propria serva Stafila, del ricco vicino Megadoro e da questa sua paura si sviluppa brillantemente l’intera commedia. La commedia ha una trama semplice e lineare e fonda la propria comicità su una serie di equivoci, come quando Liconide si reca da Euclione per confessargli di aver violentato la figlia. Il vecchio, che si era appena accorto del furto della pentola piena d’oro, viene sentito dal ragazzo urlare ed imprecare. Liconide crede che quelle parole facciano riferimento alla violenza subita da Fedria. In realtà, nessuno dei due conosce le vicende dell’altro e così ha luogo un discorso quasi surreale ma molto divertente per il pubblico. Tutto nasce dall’abile mente di Plauto il quale fa utilizzare il pronome personale femminile ad entrambi, ma mentre Euclione lo riferisce alla pentola, Liconide se ne sere per riferirsi alla fanciulla. E’ una commedia brillante che mette in scena uno personaggi tipici del commedio plautino, cioè l’avaro che, basti pensare a “L'avaro” di Molière, tanto seguito avrà nel teatro.
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